Per João il Rosso, nato Iánic, gaucho figlio di immigrati russi e tedeschi, il calcio è il «vero teatro dell’esistenza».
Incarcerato per un crimine che verrà rivelato solo alla fine dell’Ultimo minuto, da qui il titolo, il protagonista del romanzo del brasiliano Marcelo Backes, ci viene presentato attraverso lo sguardo di un seminarista a cui João decide di raccontare la storia della sua vita.
Lontano dalla «cacofonia del mondo», João in carcere sembra aver trovato la pace.
«Il telefono non squillava, il campanello non suonava, nessuno lo disturbava… Solo l’anima dentro di lui continuava a fargli qualche guerra».
Una guerra che lo spinge ad aprirsi. Poco a poco, superata l’iniziale diffidenza, João offre all’interlocutore una vita sospesa tra il passato delle famiglie patriarcali di Rio Grande do Sul, dove la fatica e l’onore sono le costanti dell’esistenza, e il presente della civilizzata Svizzera e della moderna Rio de Janeiro.
In mezzo, il calcio, argomento che il protagonista, ex allenatore, usa fino alla fine per evitare la risposta cruciale, il perché della sua detenzione.
Con L’ultimo minuto, Backes riflette sull’amore e sulla perdita dell’identità, presentando al contempo il ritratto di una generazione che fatica ad adattarsi ai tempi di un Paese, il Brasile di oggi, in rapido cambiamento.