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Il tempo che ti piace buttare, non è buttato. (J. Lennon)

Un libro: Creatività

Ho letto anni fa una piacevole intervista a Petit di Gabriele Romagnoli, dalla quale ho estratto una singola domanda & risposta:

Camminare sul filo non serve a nulla in realtà. Come può dedicare tutto sè stesso all’inutile?

Lo dedico alla bellezza. La bellezza non è utile di per sè, non ha scopo, ma ti fa respirare. Ci sono cosa inutili e bellissime, che ci ispirano. L’arte è ossigeno. Per me, almeno.

Mi riconosco  in questa risposta e so che sarà lo stesso per altre persone che hanno occhi per guardare e non solo per vedere, orecchie per ascoltare e non solo per sentire.

Se ti interessa questo libro, ti suggerisco anche la visione del documentario Man on wire

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Il 7 agosto 1974 Philippe Petit realizza un’opera d’arte unica nella storia: camminare su un cavo teso tra le due Torri gemelle del World Trade Center di New York sospeso a oltre quattrocento metri di altezza, lasciando a bocca aperta il pubblico che, naso all’insù, ebbe la fortuna di assistere al suo magnifico spettacolo.

Questa impresa, condotta nella piena illegalità, fu il frutto di una preparazione di anni, in cui Petit, deciso a mettere a segno il gran «colpo», lavorò ogni giorno per lanciare la sua sfida all’Impossibile.

Quarant’anni dopo, con alle spalle numerose performance artistiche d’eccezione, e davanti a sé chissà quali altri strabilianti progetti, Philippe Petit affida a questo libro le sue riflessioni sul processo creativo che precede ogni sua opera.

Indomito e anticonvenzionale, Petit ha fatto suo lo slogan «La creatività è illegale», convinto che colui che crea debba essere un fuorilegge, «non nel senso criminale, ma come un poeta che esercita la ribellione intellettuale».

La sua arte, le sue grandi imprese, quindi, sono il «crimine perfetto», realizzabile solo attraverso una disciplina e un allenamento tra i più ferrei.

Tra queste pagine Petit chiama il lettore a essere suo complice: gli svela i suoi trucchi, gli dà consigli e, ciò che più conta, lo incita a esplorare il suo personale campo di «delinquenza» intellettuale o artistica, perché ognuno di noi ne ha uno, basta solo capire qual è!