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Il tempo che ti piace buttare, non è buttato. (J. Lennon)

Un libro: Il giro dell’occhio

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Fu una mostra di Cartier-Bresson, presentata a Firenze nel 1953, a far nascere nel giovane Branzi la passione per la fotografia.

Una passione sempre coltivata, nel tempo che l’autore poteva sottrarre alla sua carriera di giornalista inviato della RAI e che ha permesso la continua, costante ricerca di una fotografia di grande pulizia e purezza formale.

Il suo sguardo, al tempo stesso rapido e paziente, si concentra con sensibile intelligenza nel cogliere il gioco di linee e forme, senza però trascurare mai la poetica della realtà.

Come lui stesso dichiara: “Fotografare è una operazione per certi versi analoga a quella di un ‘vetrinista’ che nel rettangolo di cristallo sulla strada non può mettere tutto il magazzino, ma collocare alcuni oggetti, molti o pochi che siano, in modo tale da attrarre l”attenzione del passante, suggerire una situazione, alludere, e costringerlo a ‘leggere’ il messaggio che essa contiene. Se sbaglia questa operazione la merce rimane in magazzino, anche se fosse di sopraffina qualità”.

Il giro dell’occhio ripercorre il lavoro di Piergiorgio Branzi in senso cronologico, seguendo la sua scoperta del paesaggio e della composizione dal microscopico al macroscopico, e nel tempo dal vicino al lontano: ecco scorrere pagina dopo pagina le immagini della Toscana, poi dell’Italia, del Mediterraneo, fino a Mosca e Parigi e infine l’approdo allo studio della “forma”.

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Questa voce è stata pubblicata il 25 marzo 2016 da in L'angolo dei libri - Le nostre segnalazioni con tag , , , .