a cura di Martina Villa, curatrice della Pagina FB Quando nevica scarlatto
Lo confesso: ho un problema con i libri. Un problema serio.
Mi raccomando non ridete. Ribadisco: si tratta di una cosa seria (più o meno).
Molte volte preferisco i cattivi ai buoni.
Non posso farci niente, forse è perché gli antagonisti sono sempre meglio caratterizzati dei protagonisti.
Un cattivo devi spiegare perché è cattivo, devi renderlo convincente, credibile, devi far capire al lettore perché le cose stanno così e perché lui è diventato così.
Per i buoni questo non è necessario, perché è immensamente più facile e scontato comprendere un comportamento buono piuttosto che uno cattivo. Un personaggio è buono perché è buono ed è giusto così, punto.
È questo, secondo me, il motivo che porta l’autore ad approfondire in maniera più dettagliata la psicologia dell’antagonista, molte volte, più di quella dei “buoni”.
Francamente, come si fa a non amare un Sebastian Morgenstern o un Dorian Gray (che è un protagonista decisamente cattivo) o una Malefica o ancora un Loki o un Cameron Briel o una Bellatrix Lestrange?
E poi, diciamocelo, i buoni in stile “cuore di panna” sono estremamente noiosi e scontati. Io, personalmente, apprezzo di più i personaggi un po’ tormentati, non al cento per cento buoni, ma sufficientemente cattivi (da non confondere con quegli pseudo buoni-cattivi senza cervello e da quattro soldi alla Travis Maddox). E qui, finalmente, giungo a parlarvi di questo libro dove io. Amo. Alla. Follia. Warner.
È un personaggio fantastico, intricato, scostante, altalenante, incoerente, ossessivo ed ha un carisma che è “oltre i novemila”. Wow.
L’ho apprezzato infinitamente più di Adam, quest’ultimo troppo insipido ed anonimo; ama Juliette perché si conoscevano dalle elementari, lui vedeva che lei nonostante il suo terribile potere non si opponeva ai soprusi degli altri bambini e ne è rimasto affascinato e bla, bla, bla… tutte cose diabeticamente già trite e ritrite.
Il libro non mi è dispiaciuto, lo stile dell’autrice è molto particolare: schietto, diretto ed incisivo, con intere frasi scritte, riscritte e cancellate che ci permettono di calarci meglio nella mente confusa e spaventata di Juliette, delle volte alcune in frasi o in alcuni elenchi di parole le virgole sono totalmente omesse, scelta stilistica voluta dall’autrice per rendere più lampante la maniacalità e la rapidità dei pensieri impanicati della protagonista.
Anche la ripetizione della medesima parola come rafforzativo mi è piaciuto come tecnica narrativa.
Vi faccio un esempio: “I suoi occhi erano blu blu blu.” Oppure: “Avevo paura paura paura.”
Quello che mi è piaciuto un po’ meno è stata l’accozzaglia esagerata di metafore, la maggior parte di difficile interpretazione. Inizialmente mi facevano sorridere e davano un po’ di colore alla narrazione, ma dopo la sesta/settima mi hanno stancato.
Esempio: Adam era per Warner come un rigurgito alla vaniglia. ( Eh?)
Malgrado questo il libro è comunque originale ed accattivante e mi è piaciuto, se non fosse per il finale.
Il finale, a mio parere, è troppo moscio, amorfo.
Attenzione: Spoiler
Avrei preferito che tutto finisse con una frase criptica che mi invogliasse a proseguire la lettura del volume successivo, tipo con Castle che dice a Juliette: “Questo è il punto Omega.” E “bam” si spengono le luci e cala il sipario.
O Kenji/Adam/Castle (sceglietene uno a vostro piacimento) che irrompe nella stanza di Juliette rivelandole che Warner non è morto. Ma va beh, io ho sperato nel cliffhanger fino alla fine, ma non sono stata accontentata.
Il finale è sciocco, piatto, con la protagonista che si prova una tutina viola nuova e ultrasottile che le consente di poter toccare le persone senza che queste ci lascino le penne e con Adam che le sussurra: “Sembri una supereroina” (inserire facepalm proprio QUI)
Nonostante tutto il libro lo consiglio perché fino a poco più della metà è molto molto molto bello. Io nel frattempo rimango in attesa che la Rizzoli si decida a tradurre anche i seguiti… incrociamo le dita!
Ps: Nessuno ha notato come la copertina di questo libro assomigli a quella di “L’angelo caduto” di Susan Ee?