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Abbandonare Whatsapp, è fattibile?

Giorni fa su Mastodon @kristiana ha rilanciato l’articolo di Beppe Severgnini: “Pronti a rinunciare a Whatsapp?” che copio in calce al post.

Aggiungendo poi: Io sí, il problema è convincere tutti i miei contatti di lavoro.

Per quel che mi riguarda, ho rinunciato, per scelta, a Facebook, Twitter ed Instagram.

Riuscire a fare a meno di WA sarebbe la chiusura del cerchio ed è fattibile (anche se non facile causa le resistenze altrui) visto che un’alternativa più sicura e rispettosa della privacy esiste ed inoltre gli irrinunciabili Gruppi si possono fare anche su Signal, per cui è soprattutto una questione di pigrizia dei singoli che preferiscono adagiarsi sulle abitudini, piuttosto che cambiare in meglio.

Migrare in massa verso App più sicure e discrete, è fattibile.

Scrivono sul sito di Signal: “Una crittografia avanzata end-to-end (sviluppata dal Protocollo Signal open source) mantiene le tue conversazioni al sicuro. Non possiamo leggere i tuoi messaggi o ascoltare le tue chiamate, e nessun’altra terza parte può farlo. La privacy non è un’opzione, ma il focus di ogni funzione di Signal.”

Scrive @kristiana: il problema per me sono i gruppi, non quelli degli amici da cui sono uscita perché sono un fastidio continuo di stupidaggini, ma quelli di lavoro. Lì é difficile perché non c’è la confidenza di dire: o cambiate o io me ne vado.

Nella discussione si inserisce @budfox: Kri, non credi di poter trovare un compromesso con gli altri professionisti con cui lavori attualmente? Credo ci sarà ampio modo di riorganizzarsi… Sono convinto che sorgeranno in poco tempo piattaforme gestite direttamente dagli Ordini Professionali, sulla scorta di DoctoLib…

@kristiana: un po’ alla volta penso di sì, ma non da un giorno all’altro. Comunque ci vuole tatto.

Sul tatto bisogna spendere un paio di parole in più; giorni fa ho sentito un podcast del Post dove un giornalista raccontava il suo distacco da WA per 1 anno (nel 2018, mi pare) il che aveva portato a risultati per me sconcertanti, tipo quelli che si erano offesi (non per modo di dire) quando il giornalista era uscito dai Gruppi creati da parenti o amici, come se uscire dal Gruppo WA equivalesse a troncare i rapporti con la persona.

Si è perso il senso della misura….

Secondo me, per spingere altri a migrare verso altri lidi, bisogna forse mettere in conto di tenere attivi due Gruppi in contemporanea in app diverse, “lavorandosi” le persone e convincerle che si viveva e lavorava anche prima di WA…

Questo parlare mi ha stimolato e quindi eccomi a scaricare Signal per la quarta volta; le mie asticelle sono più o meno alte, ma quando arrivo al limite, poi i tagli sono netti e definitivi, per cui WA, stai in campana che prima o poi….

Non ho fatto in tempo a parlare di Signal che un altro contatto di Mastodon l’ha scaricato ed in contemporanea abbiamo avuto l’idea di creare un Gruppetto per restare in contatto, evitando WhatsApp.

Tempo un paio d’ore e sono arrivati un altro paio di contatti ed un altro ancora si è mostrato interessato.

D’altro canto, come scriveva giorni fa @ildisinformatico in questo articolo:

“Fino al momento in cui qualcuno compie quel primo passo, e gli altri decidono di seguirlo perché non ne possono più di stare dove stanno. Provate a chiedervi se quella persona che compie quel primo passo, all’interno della vostra cerchia di contatti, potreste essere voi.”

Vale per Mastodon, Signal e tutte le alternative che ci sono, ma serve un “primo passo”… e noi lo stiamo facendo.

Oggi ho eliminato Element che di fatto non usavo, sostituendolo con Signal ed ho comunicato ai pochi contatti che avevo che sto gettando le basi per poter abbandonare Whatsapp entro il 2026.

Detto questo, chi vuol restare su Whatsapp, magari potrebbe imparare ad usarlo meglio, come spiegano in questo articolo: Consigli di sopravvivenza ai gruppi WhatsApp – Buone pratiche per tutelare la propria salute mentale e quella degli altri, evitando almeno nelle chat più formali atteggiamenti troppo fastidiosi

Un articolo di Beppe Severgnini:

I pacchi di Amazon, le mappe di Google, le chat di WhatsApp, le storie di Instagram, le discussioni su Twitter, le conversazioni su Skype: queste cose fanno parte della nostra vita. Ma se, per conservarle, dovessimo rinunciare alla libertà, cosa faremmo?

La domanda può apparire bizzarra, ma è legittima. In questa settimana – forse la più difficile per l’Europa dal 1989 – abbiamo visto il mondo al contrario (non quello fantasticato da Vannacci, quello capovolto per davvero). Alla vigilia del terzo anniversario dell’invasione dell’Ucraina, l’amministrazione USA ha deciso che Vladimir Putin non è l’aggressore. Così, di punto in bianco.

Questa voltafaccia è accompagnato, secondo Reuters, dalla richiesta di metà delle risorse minerarie ucraine: una sorta di risarcimento per l’aiuto militare fornito (per sbaglio, pare di capire!). Se Kiev non s’adegua, gli USA minacciano di tagliare le connessioni Starlink, vitali per la difesa ucraina. E chi aveva soccorso in quel modo gli ucraini, tre anni fa? Elon Musk. Un omonimo di quello per cui oggi il presidente Zelensky è un mostro che “si nutre dei cadaveri dei suoi soldati”?

In attesa di un autorevole parere psichiatrico sulla vicenda – i diplomatici li abbiamo ascoltati, ma tendono a prenderla alla larga – ricordiamo questo: poche settimane fa si discuteva se lo Stato italiano dovesse stringere un accordo con SpaceX di Elon Musk per proteggere le proprie comunicazioni. Abbiamo la risposta: anche no.

La certezza che gli alleati non ti tradiscono è la roccia su cui sono costruiti la NATO, gli accordi tra le forze di polizia, i legami fra i servizi di informazione. Come possiamo fidarci oggi? È doloroso dirlo, ma le democrazie europee non devono dipendere dagli umori di Trump, Musk e compagnia. È bastato accennare alla regolamentazione delle piattaforme web (imposte, contenuti pericolosi) per scatenare le ire del vicepresidente J.D. Vance. Quello che ha detto a Monaco, e il tono che ha usato, hanno dell’incredibile.

Dovessero diventare strumenti di pressione – o peggio, di ricatto – siamo pronti in Europa a rinunciare ai pacchi di Amazon, alle mappe di Google, alle storie di Instagram, ai messaggi di WhatsApp e alle parabole di Starlink? È una domanda sgradevole, ma è tempo di porsela.

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