di Gianni Biondillo
Tea – Pagg. 443 – € 9,00
Trama: Chi ha sparato all’ispettore capo Lanza del commissariato di Quarto Oggiaro? L’ispettore Michele Ferraro è alle prese con uno dei più difficili casi che gli siano mai capitati.
Perché, in quella periferia milanese dove tutti si conoscono e dove è quasi impossibile distinguere gli innocenti dai colpevoli, sta succedendo qualcosa di grosso. Cosa c’è dietro?
Che parte ha il Baffo, un sognatore finito a fare il barbone? E che strani intrecci si sono formati tra le mafie pugliesi, calabresi e slave?
Ferraro indaga, facendo quotidianamente i conti con i suoi malumori, con l’ennesimo tentativo di prendere una laurea, e con il popolo minuto di una città raccontata con durezza sarcastica e simpatia contagiosa.
Letto da: Paolo
Opinione: Il personaggio è un po’ incasinato, tormentato, fa anche arrabbiare talvolta per i suoi comportamenti un po’ da “uomo tutto di un pezzo”, spesso fuori luogo, viene voglia di mandarlo a fanc…, ma ci si affeziona e si spera sempre che trovi la sua strada.
La storia è poliziesca, più vicina al “noir” classico, ambientata in una Milano di periferia degradata, persone senza futuro, il tutto controllato da alcune famiglie criminali.
Non dico nulla, se non che vi sono un paio di sorprese che ridanno vita alla storia. A tratti è un po’ scurrile, ma devo dire che si tratta di situazioni ed espressioni che noi ometti usiamo, soprattutto in ambito cameratesco, come può essere il lavoro del poliziotto.
Il personaggio, inoltre, si fa un certo numero di seghe mentali, quindi a tratti i suoi “pensieri” li troviamo scritti così come arrivano, un po’ caotici, un po’ verbosi. Si tratta solo di prendere le misure al tipo di scrittura.
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