Premessa di Pao: Ricevo e pubblico la lettera di un amico, Francesco, che è anche un tifoso laziale. Spesso quando si toccano argomenti come il tifo sportivo e/o la politica, mi trovo a leggere commenti faziosi, che grondano aggressività, maleducazione e, di conseguenza, scarso rispetto delle idee altrui. Come sempre, commenti di questo tenore saranno censurati e/o eliminati. Non perchè Francesco sia un caro amico, ma perchè ha diritto di esprimere un’opinione, civile e ben argomentata, senza beccarsi insulti da qualche anonimo.
Circa quanto espresso da Francesco, io sono dell’opinione che non si può parlare di “un tragico errore“, ma di un “colpevole errore” che non sono la stessa cosa. Senza essere un perito del Tribunale, parlo con cognizione di causa, essendomi iscritto al Poligono di Milano a 17 anni ovvero un tot 😉 di anni fa.
La dinamica dell’episodio che ha portato all’incolpevole morte del cittadino Sandri letta più volte sui giornali, non sta in piedi. Non si corre con l’indice sul grilletto, (non in questo ambito) ed in ogni caso non c’è logica nel solo pensare di sparare dall’altra parte dell’autostrada. Ma questo non è un atto criminale, ma figlio di una certa stupidità di fondo (si dice che con una divisa addosso tutti si sentono chissà chi, figuriamoci con una pistola al fianco) e, pochi ne parlano, di un addestramento oppure mal fatto.
Al Poligono è sufficiente una manovra scorretta, anche solo ipoteticamente pericolosa, per subire un cazziatone da chi sorveglia i tiratori. E stiamo parlando di un luogo chiuso al pubblico, protetto; non si può mandare in strada, armato, uno che non ha piena coscienza di cosa sia un’arma, di come e quando si usi e soprattutto degli effetti che può avere un colpo che non attinge il bersaglio. Il proiettile non si ferma sul posto, continua la sua corsa… ed infatti…
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Domani sono due anni e siccome questo dove lavoro è il suo quartiere di nascita e residenza, le vie sono, per l’ennesima volta, tappezzate di manifesti inneggianti a Gabriele Gabbo Sandri, il cittadino (sottolineo cittadino) tragicamente ucciso per errore da un poliziotto in un autogrill della A1.
Il padre di Gabbo gestisce una boutique qui vicino in cui anche egli lavorava oltre a dedicarsi all’attività di dj. Frequentava il bar dove andavamo in pausa pranzo fino a due anni fa (nel periodo, ovvero, in cui abbiamo messo in stand by il nostro solito bar causa mie malinconie sentimentali) e quindi lo vedevo spesso. Bello, solare, gentile, simpatico, sempre attorniato da ragazze.
Un bravo ragazzo, ma, evidentemente, con la facilità a farsi trasportare in situazioni poco edificanti a causa della nostra Lazio, visto che si accompagnava spesso a ultras a rischio di finire coinvolto nelle loro scellerate gesta. E lo stesso episodio che ha portato alla sua tragica morte morte che giammai sarebbe dovuta accadere sembra, a mio modo di vedere, conseguenza di atteggiamenti estremi legati a una visione esasperata del calcio e del tifo. Che non dovrebbe mai esistere.
Mi rattrista vedere le mura di Roma tappezzate da manifesti recitanti «Gabriele Sandri aspetta giustizia» e «Gabriele Sandri, vittima del Sistema».
Sono un modo per far del male, ancora di più e ancora una volta in più, a un povero ragazzo morto in un episodio conseguenza di comportamenti violenti o, quanto meno, scellerati che nulla hanno a che fare con calcio e tifo. Soprattutto, così, Gabbo diviene ancora una volta testimonial inconsapevole della scellerata guerra che gli ultras del calcio lanciano contro Polizia e Forze dell’Ordine che lavorano per garantire sicurezza, anche negli stadi.
Sarebbe ora che si smettesse di prestare il polso a questi comportamenti che istigano alla violenza attorno al calcio.
Non sono d’accordo con la Società Sportiva Lazio che permette ai tifosi di far sì che ogni vittoria della squadra sembri dedicata a Sandri.
Non sono d’accordo, anche, con la circostanza che domani, 11 novembre 2009, in occasione dei due anni dalla morte di Gabriele Sandri, il sindaco Gianni Alemanno presenzi all’intitolazione allo stesso ragazzo di una parte del Parco di Monte Mario, limitrofa alla scuola elementare Giacomo Leopardi che Gabbo frequentò da bambino.
Questo, secondo me, alimenta la leggenda di Sandri come vittima della Polizia schierata contro i tifosi. La Polizia rappresenta i cattivi, gli ultras le vittime buone e innocenti. Il gesto del Sindaco di Roma, in questo modo, avalla queste tesi. Secondo me, è sbagliato e non rappresenta un gesto né di giustizia né di pace.
Devo dire che, così argomentata con razionalità e cognizione di causa, non posso che concordare con l’introduzione di Pao nella quale spiega la giusta differenza tra “tragico errore” e “colpevole errore”.