C’era una volta il tormentone dell’«idraulico polacco», immagine della paura che, allargando l’Unione Europea, dall’Est arrivasse manodopera a basso costo che avrebbe creato problemi all’occupazione negli altri Paesi.
Ora invece, non c’è nessun fantasma, ma 2,2 miliardi di chili di latte, 86 milioni di chili di cagliate (congelate) e 130 milioni di chili di latte in polvere provenienti dalla Polonia, ma anche da Ungheria, Lituania e Germania, vengono usati in mozzarelle e formaggi destinati alle tavole italiane all’insaputa dei consumatori, perché un’etichetta dettagliata ancora non è obbligatoria.
Giovedì, alla Fieragricola di Verona, la Coldiretti, con il presidente nazionale Sergio Marini, e l’Associazione Italia Allevatori hanno presentato, con questa denuncia, la «Tac salva-mozzarella Made in Italy»: una tecnologia messa a punto con l’aiuto dell’Università di Bari che, individuando un “marcatore” presente soltanto nelle mozzarelle non prodotte con il latte fresco, è in grado di smascherare i prodotti ottenuti usando cagliate congelate o refrigerate.
E, nel primo test, su 18 mozzarelle provenienti da diversi caseifici, ben cinque sono risultate “positive”, cioè non ricavate da latte fresco. La “macchina della verità” potrà poi essere fatta anche sui formaggi.
«Oltre ad ingannare i consumatori – sottolinea Coldiretti -, si tratta di una concorrenza sleale nei confronti dei produttori che utilizzano esclusivamente latte fresco, perché per produrre un chilo di mozzarella “tarocca” occorrono 700 grammi di cagliata dal costo di soli due euro al chilo, mentre il prezzo al pubblico di un chilo di mozzarella vaccina di qualità non può essere inferiore ai 6,5/7 euro al chilo».
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