di Marco Malvaldi
Ediz. Sellerio – Pagg. 208 – € 13,00
Trama: Un giallo di ambientazione ottocentesca: il castello, i delitti, la nobiltà decaduta, il maggiordomo e, un italiano memorabile, il grande letterato gourmet, studioso di storia naturale, Pellegrino Artusi. Sarà proprio il cuoco baffuto con il suo acume a fiutare il colpevole del gelido delitto piombato nella dimora del barone Bonaiuti.
In un castello della Maremma toscana vicino alla Bolgheri di Giosue Carducci, arriva un venerdì di giugno del 1895 l’ingombrante e baffuto Pellegrino Artusi. Lo precede la fama del suo celebre La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene, il brioso e colto manuale di cucina, primo del genere, con cui ha inventato la tradizione gastronomica italiana.
Ma quella di gran cuoco è una notorietà che non gli giova del tutto al castello, dove dimora la famiglia del barone Romualdo Bonaiuti, gruppo tenacemente dedito al nulla. La formano i due figli maschi, Gaddo, dilettante poeta che spera sempre di incontrare Carducci, e Lapo, cacciatore di servette e contadine; la figlia Cecilia, di talento ma piegata a occupazioni donnesche; la vecchia baronessa Speranza che vigila su tutto dalla sua sedia a rotelle; la dama di compagnia che vorrebbe solo essere invisibile, e le due cugine zitelle. In più, la numerosa servitù, su cui spiccano la geniale cuoca, il maggiordomo Teodoro, e l’altera e procace cameriera Agatina.
Contemporaneamente al cuoco letterato è giunto al castello il signor Ciceri, un fotografo: cosa sia venuto a fare al castello non è ben chiaro, come in verità anche l’Artusi. In questo umano e un po’ sospetto entourage, piomba gelido il delitto. Teodoro è trovato avvelenato e poco dopo una schioppettata ferisce gravemente il barone Romualdo. I sospetti seguono la strada più semplice, verso la povera Agatina. Sarà Pellegrino Artusi, grazie alla sua saggezza e alle sue originali letture, a dare al delegato di polizia le dritte per ritrovare la pista giusta.
In Odore di chiuso Malvaldi ha lasciato al momento l’improvvisata squadra investigativa dei vecchietti del BarLume per potersi dedicare a un vero giallo classico, basato su interrogatori, intuizioni e conclusioni deduttive. Ha scelto l’epoca di un’Italia da poco unificata e ancora impastoiata nei particolarismi nobiliari con riferimenti storico letterari che occhieggiano ironicamente all’oggi. Ma senza abbandonare la sottigliezza umana che gli permette di disegnare ogni personaggio con insolente umorismo, offrendo gallerie di caratteri e situazioni comiche capaci di divertire tanto quanto l’ingegnosità dell’intreccio.
Letto da: Francesco
L’opinione personale: Anzitutto: un libro divertente, scorrevole, intrigante, sicuramente appagante. Nel pieno stile dello scrittore pisano, così come l’abbiamo conosciuto nella trilogia dei vecchietti del BarLume sebbene questo romanzo sia piuttosto differente.
Un romanzo che, pur se non particolarmente lungo, annovera in sé almeno tre anime, tre differenti possibilità di lettura della stessa storia.
Chi ama i gialli nel più classico e puro stile qui troverà piena soddisfazione, con divertimento, ai propri desideri: le atmosfere e, soprattutto, l’indagine poliziesca sono degne di un classico di Agatha Christie. Due episodi delinquenziali, tra loro collegati, brillantemente risolti da un modesto quanto intelligente funzionario di polizia attraverso attenta, minuziosa, scaltra indagine e con l’aiuto, portato avanti con discreta volontarietà, di un celebre gourmet rivelatosi un prezioso, e neppur troppo improvvisato, detective.
Proprio la figura di Pellegrino Artusi, protagonista al centro della narrazione, permette una ulteriore chiave di lettura di questo bel romanzo. Lettura, e dunque scrittura, moderna, ironica, con un occhio rivolto alla Storia e un altro, non casualmente, al Presente.
Trovo molto interessante, da parte di Malvaldi, aver recuperato nell’anno del Centocinquantenario dell’Unità d’Italia questa importante personalità storico-culturale forse fin qui poco considerata o addirittura dimenticata.
Una figura moderna, Pellegrino Artusi: moderna all’epoca e moderna oggi. Un colto appassionato di cucina che, a discapito del suo ingombrante fisico dalle fattezze e dall’abbigliamento fuori moda per quel 1895 in cui si svolge il racconto, attraverso la sua attività di divulgatore della scienza del cucinare e del gustare contribuisce, più di tante altre circostanze, a unire davvero una Nazione troppo giovane, appena nata e ancora impreparata a camminare sentendosi un corpo unico.
La capacità di Artusi di trovare un nuovo linguaggio, comprensibile a tutti da Nord a Sud, nel divulgare ricette di cucina proprie di territori diversi contribuisce a quella Unità fin ad allora solo teorica e in cerca di un popolo che condivida e scambi tradizioni e culture; al tempo stesso, Artusi propone un’ottica moderna nel guardare alla cucina, aprendo primo fra tutti la via dell’attuale cultura enogastronomica.
E il disagio storico-culturale di quella nazione ancor neonata, l’Italia, trapela senza indugio dalle pagine di Malvaldi. Impreparazione politica, intolleranze, divari culturali, disparità fra sessi e loro opportunità, sogni utopistici, scoramento, disillusione, apatie di classe, piccole furbizie, leggi farraginose e facili da scavalcare, tutori impotenti e cittadini poco tutelati: sono il ritratto di quel 1895, ma sembrano la fotografia attuale. Il tutto sempre offerto con lieve e divertente ironia.
Molto piacevole, poi, l’ambientazione in una parte di Toscana allora ancora selvaggia e lontana dall’essere ambìta meta di gourmet ed enofili di tutto il Mondo: quella Bolgheri al 1895 celebre per i cipressi cantati da Carducci, ma scansata per l’insana aria malarica delle paludi, ancora lontana da essere patria del Sassicaia e del mangiare divino di oggi, condizione elettiva alla quale sembra però già prepararsi.
Intrigante, infine, la coralità di gruppo che permette, attraverso la capacità descrittiva di Malvaldi, di affezionarsi ai tanti personaggi che popolano le pagine del romanzo e che, alla fine, lasciano meravigliosamente aperte le porte all’immaginazione del lettore in merito a quel che potrà essere il futuro di ciascuno di essi all¹affacciarsi del nuovo secolo che chiuderà il primo millennio.
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Secondo me sì, Laura: merita.
Ovviamente: si tratta, come ho scritto, di un giallo piacevole, divertente, anche intrigante negli aspetti dell’indagine poliziesca (che, come ho scritto, nell’impostazione ricorda davvero i classici della Christie) e dunque una lettura leggera.
Ma, in questa situazione dall’ambientazione storica, come accade per Andrea Camilleri (il riferimento non è affatto casuale, anzi: si nota come Malvaldi, anche nell’uso di certe citazioni, di satiriche allusioni, di sottile ironia nel far notare al lettore somiglianze tra Passato e Presente, faccia positivamente il verso al Maestro di Porto Empedocle, senza però esagerare o infastidire), Malvaldi sembra fare un passo avanti rispetto ai precedenti romanzi.
Pur restando la trama poliziesca il centro della narrazione, Malvaldi concede spazio ai riferimenti storici, tratteggia un interessante ritratto di Pellegrino Artusi dando popolarità a questa personalità storico-culturale nel donargli spiccata simpatia: impossibile, infatti, non restare piacevolmente colpiti e fare il tifo per questo burbero gourmet dai modi gentili ma sicuri e fuori moda.
E, in maniera leggera, Malvaldi propone un ritratto storico visto attraverso la provincia italiana e le piccole storie che emergono dalla vita di chi ruota attorno a un castello della nobiltà decaduta e decadente in una Italia che prova a farsi moderna.
Come ho scritto nel commento: in un contesto di leggerezza, questo romanzo offre molte chiavi di lettura e molti spunti di riflessione, sotto tanti aspetti culturali, politici, sociali, geografici, ambientalisti, gastronomici. Ancor di più con l’occhio di chi – noi – può leggere quegli anni a distanza di più di un secolo, attraverso il cosiddetto “senno di poi”…
Grazie per l’analisi. Dunque merita? Io avevo aspettato a comprarlo, dopo aver letto la trilogia che ho trovato divertente, ma con poco spessore e con i personaggi appena tratteggiati e quindi difficilmente distinguibili.