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Privacy – Se il call center emigra…

call centerL’articolo è sicuramente interessante, tuttavia si basa sul fatto che la legislazione italiana protegga l’utente, cosa questa che succede (in parte) solo sulla carta.

Firmare il trattamento dei dati, poi, non è una consuedutine, ma un obbligo. Sotto gli occhi del Garante, infatti, molti soggetti includono l’autorizzazione a trattare i tuoi dati e/o a fornirli a terzi, nella medesima autorizzazione necessaria per espletare il lavoro.

Con una sola firma, prendi (obbligatoriamente) l’intero pacchetto.

Chiedersi poi se i dati siano o meno tutelati se trasferiti all’estero è un puro esercizio di Etica & Utopia. Viend a chiedersi infatti dove acquisiscano i dati quelli che ci chiamano a casa, visto che non siamo neanche sull’elenco e quando c’eravamo, avevamo firmato il modulo Telecom per non essere contatti a scopo pubblicitario.

I diritti li abbiamo, ma poi le aziende se ne fregano ed il Garante, se interviene, ha tempi lunghi e poco potere, fermo restando che è abitudine di molti (vedi: Fastweb) a scaricare sui call center esterni tutte le colpe.

In ogni caso, la legge sulla privacy serve solo a sprecare milioni di pagine di carta (gli alberi NON ringraziano).

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Leggo su Il Portale dei consumatori

Che cosa succede se il call center trasloca oltre confine portando con sé i dati personali dei clienti? Qual è il livello di tutela assicurato agli utenti se l’operatore che ne acquisisce i dati non è soggetto alla legislazione italiana sulla privacy?

Se lo sono chiesto i sindacalisti che, affrontando il fenomeno della delocalizzazione all’estero dei call center, hanno individuato nella  privacy il punto (più) debole dell’operazione.

Le domande sono, nero su bianco, nel reclamo al Garante della privacy con cui giusto un anno fa, a giugno del 2010, il sindacato Ugl ha chiesto il divieto o il blocco della deviazione verso le società di call center all’estero delle chiamate effettuate in Italia.

Punto di partenza per il sindacato la delocalizzazione dei call center Wind, Vodafone e Telecom Italia, verso Stati in cui non è assicurato il livello di tutela dei dati personali e sensibili del cittadino italiano, non più protetto dal nostro Codice della privacy (il d. lgs. 196/03). Aperta l’istruttoria, il Garante ha ricevuto altre segnalazioni sul tema, ultima quella della Cgil, che hanno inevitabilmente allungato i tempi per la risposta definitiva.

Il problema è serio, dato che non c’è ente o azienda che non utilizzi un call center o un customer care per mantenere i contatti con l’utenza o clientela. Chiedere i dati e far firmare l’informativa per il consenso al trattamento è una consuetudine che, tuttavia, oggi può comportare un rischio non preventivato. E intanto le delocalizzazioni impazzano, soprattutto verso Romania, Albania e Nord Africa.

“Nei contratti che solitamente sottoscrive, il consumatore-utente non viene informato che i suoi dati possono essere trattati all’estero”, commenta Giovanni Pistorio, della Cgil. “E quindi non sa che la riservatezza è a rischio, soprattutto se le informazioni che lo riguardano finiscono in paesi dove la  privacy non gode della stessa tutela”. È il caso dell’Albania, ultima frontiera del trend delocalizzazione, che la Commissione europea ha bollato come poco sicura per la protezione dei dati personali: il sospetto è che le informazioni sui clienti possano finire in un mercato nero per essere utilizzate, o rivendute, al di fuori di ogni controllo.

Il caso di Tele-perfomance

Ci riguarda da vicino il caso di Tele-perfomance, il colosso francese dei contact center che sta spostando parte della propria attività dalle filiali italiane a quelle appena aperte sull’altra costa dell’Adriatico.

Per la multinazionale i dati degli utenti sono al sicuro: “Non c‘è rischio privacy”, dichiara il responsabile della Comunicazione, Paolo Sarzana. “Assicuriamo sempre ai nostri clienti il massimo standard qualitativo e di sicurezza del servizio. E all’interno della nostra organizzazione ci sono procedure molto severe sulla riservatezza, rispettate in ognuna delle 50 filiali nel mondo”.

Dell’affidabilità dei servizi di call center delocalizzati in paesi non soggetti alla legge italiana  sono convinti anche a Sky e Alitalia, committenti di Tele­performance.

La privacy è garantita, ci dicono, anche dall’inserimento nei contratti di clausole e condizioni stringenti sul fronte della sicurezza dei dati. Insomma, le aziende sono certe di poter assicurare la tutela anche in mancanza di una legislazione nazionale rigorosa come quella italiana. Ne prendiamo atto.

Ma se è così, perché non informare sempre e chiaramente l’utente della destinazione dei suoi dati?

 

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