in sintesi un articolo di Gianna Ferretti che leggo su Il Fatto Alimentare
I biscotti della linea Nutriceutica Essezeta a basso indice glicemico realizzati in collaborazione con il Laboratorio di Farmacobiochimica, Nutrizione e Nutriceutica del Benessere dell’Università di Pavia sono apparsi sugli scaffali dei supermercati. La novità è che sulle confezioni appare un’indicazione riferita all’indice glicemico.
Di cosa si tratta?
L’indice glicemico (IG) è un metodo per classificare gli alimenti che contengono carboidrati in base all’incremento dei valori di glicemia. L’indice è espresso in termini percentuali, per esempio un valore pari a 50 significa che l’alimento innalza la glicemia ad una velocità dimezzata rispetto a quella del glucosio.
Numerosi studi sostengono che un’alimentazione ricca di zuccheri semplici è associata all’insorgenza di diabete, patologie cardiovascolari e sindrome metabolica, per questo alcuni produttori riportano l’indice glicemico in etichetta (IG) per permettere ai consumatori di valutare la qualità nutrizionale del cibo.
Un altro indice interessante è il carico glicemico, un valore ottenuto moltiplicando l’indice glicemico per la quantità di carboidrati presenti nell’alimento. Entrambi gli indici sono importanti nelle patologie come il diabete e obesità dove bisogna controllare i valori di glicemia e dell’insulina postprandiale.
Chi possiede un I-Phone può scaricare un’applicazione che informa sui valori di IG degli alimenti.
L’American Diabetes Association (ADA) ha messo in dubbio l’utilità dell’IG, invitando le persone a focalizzare l’attenzione più sulla quantità dei carboidrati che sulla fonte. Altri autori però confermano l’utilità dell’IG nella dieta, pur riconoscendone alcuni limiti.
L’interesse dell’IG è però confermato anche dalla scelta di paesi come l’Inghilterra e l’Australia che invitano i produttori a riportare questo valore nell’etichetta nutrizionale per indicare che un alimento ha un basso indice glicemico.
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Applicazione a pagamento. $ 3,99.
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