Pubblico in intesi un intervento pubblicato da Gianna Ferretti sul suo blog Trashfood, sull’informazione scientifica correlata alla vicenda del superpomodoro e che leggo su Il Fatto Alimentare.
(Consiglio la lettura integrale, cliccando sul link in calce.)
°°°
Cosa dire dei titoli e dei contenuti con cui giornali e blog hanno accolto la notizia dell’arrivo della passata Pomì L+? La notizia supermodoro è rimbalzata anche su Twitter. Il nome è dovuto al fatto che la passata è ricavata da una varietà con un contenuto di licopene elevato rispetto ad altre varietà. Non può che essere accolta positivamente la notizia di investire nella produzione di un pomodoro con un valore aggiunto disponibile anche come passata.
Gli esperti sanno che la differenza di polifenoli, vitamine e altri fitonutrienti nella frutta e negli ortaggi cambiano in funzione dei fattori genetici e ambientali.
Nell’ambito scientifico il licopene è uno dei carotenoidi più studiati (ne ho scritto tempo fa in Rosso licopene), e sorprende quindi vedere come la nuova passata Pomì L+ sia stata considerata dai giornalisti come una novità.
Spiazza che nessuno fatta eccezione de Il fatto alimentare abbia letto con occhio critico i messaggi salutistici, attribuiti al pomodoro per la presenza di una maggiore quantità di licopene. La redazione del sito ha giustamente puntualizzato che non si possono scrivere affermazioni salutistiche in assenza di studi condotti in vivo, anche alla luce della recente presa di posizione dell’EFSA che ha espresso parere negativo su health claims riferiti al licopene, veicolato come supplemento da fonti alimentari.
La notorietà della nuova passata di pomodoro è quindi un pò gratuita visto che si tratta semplicemente di una varietà ad elevato contenuto di licopene (50% in più rispetto agli altri pomodori?), coltivata in terreni situati tra Parma, Piacenza, Mantova e Cremona e lavorato presso lo stabilimento del Consorzio Casalasco del Pomodoro in Rivarolo del Re.
Se da un lato l’agricoltura guarda con interesse a prodotti che si differenziano per la loro composizione nutrizionale, è altrettanto vero che la comunicazione deve essere più corretta da un punto di vista scientifico.
Nella storia del superpomodoro Pomì L+ promosso da Coldiretti è mancata la chiarezza e il rigore scientifico. Leggere triplo antiossidante non significa nulla se non si presentano dati di laboratorio, attribuire proprietà anti-invecchiamento non è corretto se non si affiancano le affermazioni a ricerche mirate.
Come è possibile dimenticare che le diciture di carattere salutistico da riportare sull’etichetta dei prodotti alimentari devono essere supportati da studi seri che richiedono investimenti, tempo e rigore scientifico.
Lettura integrale dell’articolo QUI
°°°