in sintesi un articolo di Dario Dongo che leggo su Il Fatto Alimentare
Tempi duri per i consumatori dell’Europa del Nord. Dopo le micidiali quanto inutili imposte sulle bevande alcoliche in Svezia, è giunta l’ora di tassare vari alimenti, in Danimarca come in Ungheria.
Nuove imposte sui consumi che, come sempre, penalizzano le fasce meno abbienti della popolazione, con la scusa di promuovere il consumo di alimenti reputati più salutari.
Dal 1° ottobre in Danimarca si applicherà la “fat tax”, un’imposta sui grassi saturi contenuti in qualsiasi alimento.
Questo genere di tributi ha un solo risultato certo, quello di ingrassare le casse pubbliche. I danesi prevedono di incassare oltre 200 milioni di euro l’anno, grazie alla “manovrina”.
La nuova imposta si applicherà indistintamente a tutti i cibi venduti in Danimarca: quale che sia la natura e provenienza dell’alimento, esso verrà tassato in misura degli acidi grassi saturi che contiene.
La Commissione europea ha dichiarato di non poter far nulla per ostacolare la legge, a dispetto delle ripercussioni negative che essa avrà sulla circolazione di alcune derrate alimentari.
Ma come si può a credere che il maggior costo di un etto di Parmigiano Reggiano o di prosciutto di Parma o di un litro di latte possa indurre i consumatori danesi a compiere scelte “salutari”?
Mangeranno più pane spalmato di margarina light riducendo gli apporti di proteine, vitamine e minerali offerti dai prodotti lattiero-caseari e carnei, ma sarebbe questa una scelta salubre?
In Ungheria la situazione è ancora più complessa: il 21 giugno il governo ha proposto di introdurre un’apposita “tassa di salute pubblica”, teoricamente mirata a scoraggiare il consumo di un’ampia gamma di alimenti considerati non raccomandabili.
Fonti governative stimano i proventi annuali di questa tassa in 30 miliardi di fiorini, 111 milioni di euro. Da rastrellare nelle tasche di tutti i cittadini in aggiunta a un’IVA sui prodotti alimentari che in Ungheria è tra le più alte dell’UE, il 25% (con eccezione di carni e prodotti caseari).
L’aspettativa di vita in Ungheria è tra le più basse del continente (69 anni per gli uomini, 5 in meno della media europea), si stima a causa di un endemico abuso di sigarette e alcol che le tasse non hanno risolto.
La dieta magiara non è esattamente in linea con le moderne raccomandazioni nutrizionali, grazie a diffuse delicatessen come i Kolbasz (salsiccioni farciti) e il Langos (pane fritto).
Eppure la tassa di salute pubblica non sfiora alcuno dei prodotti tradizionali locali.
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