a cura di Francesco
Si direbbero non avere pace i Red Hot Chili Peppers: in 28 anni di attività il quartetto rock californiano annovera ben sette ex-componenti. Due batteristi e cinque chitarristi. Uno dei quali nonché ultimo fuoriuscito in ordine di tempo, il mitico e ispirato John Frusciante, è già al suo secondo abbandono.
Sembra, infatti, che il celebre chitarrista soffra di vertigini: ogni qualvolta i RHCP celebrano l’essere la rock band più scatenata e famosa al mondo, John annusa aria di alta popolarità e ritenendola, forse, cosa eccessiva prepara le valigie e saluta. Accadde dopo la pubblicazione di Blood Sugar Sex Magik nel 1992, è (ri)accaduto nel 2009 successivamente ai risultati eccellenti di Stadium Arcadium (2006).
Eppure tutto questo via-vai di chitarristi sembra suggerire slanci creativi, apportando nuova linfa vitale ai RHCP.
Così, riordinate le idee, sostituito Frusciante con Josh Klinghoffer: i Peperoncini californiani pubblicano il 30 agosto 2011, dopo una pausa di ben cinque anni dal precedente lavoro, il decimo album di studio intitolato non casualmente I’m with You e prodotto sempre dall’inossidabile Rick Rubin, ormai insostituibile per i RHCP.
Sono due giorni che ascolto attentamente le 14 tracce di I’m with You: prima tutte assieme, nell’ordine di edizione; poi in modo più ragionato, concentrandomi di volta in volta su singoli brani.
Ebbene: la mia impressione è che l’uscita di Frusciante dal gruppo non penalizza il rock degli RHCP. Anzi: la chitarra più impulsiva, immediata, colorata, estemporanea, quasi naïf del giovane trentenne Klinghoffer non fa rimpiangere il più ragionato, virtuoso, ispirato, impegnato ed esperto Frusciante. Pur, comunque, senza raggiungere le vette di Blood Sugar Sex Magik e di Californication.
L’effetto più evidente e appagante del cambio di chitarrista è, sicuramente, una maggior esposizione in primo piano del basso di Flea, già particolarmente ispirato nel precedente Stadium Arcadium. Come accade, per esempio, nella coinvolgente sesta traccia Look Around, nella quale Anthony Kiedis torna a rappare alla grande come ai tempi dei primi album.
Cosa che accade con molta evidenza anche nel secondo brano, Factory of Faith.
Molto in forma anche la batteria e le percussioni di Chad.
Il risultato globale è un album molto divertente, scanzonato ma non semplice. Dove funk, rock, punk e rap si fondono alla perfezione. Con pezzi ancor più audaci, quasi sperimentali (tanto da ricordare i Talking Heads) come Ethiopia e la divertente Even You Brutus?.
Molto coinvolgente anche il primo singolo estratto, The Adventures of Rain Dance Maggie, così come l’ispirata ballata Annie Wants a Baby e la ritmata chiusura Dance, Dance, Dance.
Molto interessante anche l’attacco dell’album, con la psichedelica prima traccia Monarchy of Roses.
Ho commesso un piccolo ma influente errore nel digitare il pezzo: l’album è uscito il 30 agosto, non il 30 settembre (data ancor da venire!)…
… Sorry!