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Un libro: Il piromane

di Bruce DeSilva

Giunti Editore – Pagg. 368  – € 12,90 > lo vendo ad € 4,00 + spese spedizione

La trama: Vincitore di un Pulitzer, il giornalista investigativo Liam Mulligan è tuttavia ai ferri corti con la sua professione e con la vita. Considerato ormai un reperto archeologico dai suoi colleghi e dalla direzione del quotidiano per cui lavora, Mulligan si ostina a fare giornalismo alla vecchia maniera tenendosi alla larga dalle tecnologie attuali, convinto che l’unico modo per scovare le notizie sia andarsele a cercare in prima persona.

Ma la sua emarginazione all’interno del giornale è destinata a finire ben presto, davanti alla misteriosa comparsa di un piromane che inizia sistematicamente a dare fuoco a interi palazzi del vecchio quartiere di Mulligan. Il fiuto per la notizia suggerisce al giornalista che sotto quegli incendi ci sia qualcosa di più della follia di un maniaco. E le indagini porteranno Mulligan a frugare in una profonda e incancrenita rete di corruzione cittadina, nonché a scontrarsi con la volontà di insabbiamento del suo stesso quotidiano.

Letto da: Paolo

Opinione personale: Questa volta parto dal fondo ovvero dalla spiegazione fornita dall’autore sul perchè ha scritto questo primo libro ovvero un biglietto d’incoraggiamento inviatogli nel 1994 da Evan Hunter, conosciuto dai più con il suo pseudonimo, Ed Mc Bain, ovvero il creatore della serie 87° Distretto, libri polizieschi che chiunque appassionato del genere ha sicuramente apprezzato.

Sicuramente Evan Hunter aveva la vista più lunga della mia, tuttavia per quel che mi riguarda il libro si legge, ma non prende, il che per un lavoro basato su del giornalismo investigativo mi sembra un limite; in genere il giornalista,  al solito un maledetto, asociale, burbero, e magari pure attaccato alla bottiglia, in ogni caso cattura il lettore che di fatto lo accompagna passo dopo passo nella ricerca della verità.

In questo caso  Mulligan, seppur vincitore a suo tempo di un Pulitzer, mi sembra, piuttosto che essere emarginato dai colleghi, che si sia adagiato a vivere in un limbo, in un giornale che risente come tutti della crisi della carta stampata, e corre dietro al singolo lettore con storie degne di StudioAperto, per capirci ed è appunto l’insistenza del direttore sulla storia del cane, che alla fine diventa noiosa, anche a causa della ripetitività della storia degli incendi che ha una svolta inaspettata solo grazie all’indagine sui tombini ovvero un altro caso di corruzione comunale. Svolta che peraltro servirà a capire al meglio le reali dinamiche degli incendi.

Mulligan, almeno inizialmente, sembra fare di tutto e di più per essere considerato un giornalista inaffidabile se non a fine carriera, nonostante abbia solo 40 anni; l’insistenza sul baseball, sulle rivalità e risultati delle partite che addirittura prendono il sopravvento su vicende più importanti, tende ad annoiare ed infatti appena trovavo le due pagine dove si parlava solo di Sox e Yankees, passavo oltre.

Mi ha soddisfatto, da lettore, il modo con cui si risolve la vicenda degli incendi o, meglio, quella legata ai mandanti; vero che non si dovrebbe sostituire la giustizia del tribunale con la vendetta degli uomini, ma talvolta riuscire a togliere di torno in maniera definitiva i cattivi, fa piacere, anche se non è una soluzione etica, tanto più se a fare giustizia sono personaggi profondamente ingiusti.

Inutile ed irritante il personaggio invisibile di Dorcas, la quasi ex-moglie di Mulligan, con le sue insistenti telefonate, sempre uguali ed assolutamente inutili e non funzionali alla storia. Ho trovato fastidiosa anche l’insistenza di Mulligan a trattare male, anche senza motivo (vedi quando lo chiama sempre Grazie-papi) rispettando in pieno il suo clichè, il figlio dell’editore che gli è stato affiancato per fare esperienza; il fastidio aumenta quando si capisce che il ragazzo ha della stoffa ed è infatti grazie a lui che l’indagine sui tombini muove le acque, senza peraltro capire come sia riuscito a mettere insieme una storia basandosi solo sulla parola tombini; storia peraltro snobbata dal più esperto Mulligan.

Ecco, forse solo ora, scrivendo nero su bianco, ho capito quale sia il vero limite di questo libro: troppi clichè. Il direttore stronzo, il giornalista scarico e burbero, la bella collega, politici corrotti, ex-moglie odiosa, poliziotti incapaci e via dicendo. Troppi personaggi precostruiti per una sola storia.

P.S. Così come è successo lo scorso anno con un successo editoriale tutto italiano, non riesco a capire se sono io ad essere troppo esigente oppure se certi addetti ai lavori sono di manica larga con i giudizi positivi che si tramutano poi in forti spinte all’autore. Un libro può piacere o meno, è soggettivo, anche se mi è capitato di leggere libri ben scritti, nella forma, ma che non mi sono piaciuti, tutttavia definire Il Piromane: Amaro. Vero. Bello, anzi no, bellissimo a me sembra una forzatura.

D’altro canto, in questo libro come in tanti altri, anche i pareri entusiasti riportati in quarta di copertina da autori affermati, sembrano certe volte far pensare a pure marchette se non ad una filosofia del tipo cane non mangia cane.

Scrive Dennis Lehane: Un thriller formidabile dal ritmo serrato, un debutto dal successo assicurato, un autore da tenere sott’occhio.

Io ho letto alcuni libri di Lehane e francamente erano thriller che ti incollavano alle pagine; nel caso de Il Piromane avrei dei dubbi in merito.

Un commento su “Un libro: Il piromane

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Questa voce è stata pubblicata il 27 luglio 2012 da in L'angolo dei libri - le nostre recensioni con tag , , , , .