Un libro di qualche anno fa (scritto da Candido Cannavò) del quale ho letto recentemente in un articolo di Pino Buongiorno, pubblicato su Invisibili e del quale consiglio la lettura; pubblico un passaggio che ai più non dirà nulladi nuovo, tuttavia, cadono sempre le braccia a leggere certe cose.
Per assurdo gli ostacoli ambientali, quelli fisici, si possono abbattere e ricostruire, ma il modo in cui ragione certa gente, l’approccio alla disabilità (altrui)… mah …
I paradossi che ti capitano sembrano assurdi e inverosimili finché non li vivi in prima persona. Come quando l’Inps mi convoca per la prima visita di controllo sull’invalidità civile, in pieno agosto, con un caldo torrido da deserto del Sahara. All’ingresso dell’edificio, in via San Martino della Battaglia, mi accorgo che l’ascensore per il secondo piano, dove sono atteso dalla commissione medica, è guasto da mesi e non ci sono i soldi per ripararlo.
Pensi allo stipendio faraonico e ai mille incarichi del presidente dell’Inps Antonio Mastrapasqua e ti viene da sorridere quando una delle dottoresse, dopo avermi chiesto che lavoro svolgessi prima della malattia, mi dice non so con quanto sarcasmo: «Ah, ma per voi giornalisti non ci sono problemi per questo tipo di invalidità: potete sempre continuare a scrivere al computer». Come se fosse inutile e banale andare in giro a testimoniare gli avvenimenti.
Sedici storie di uomini e donne che hanno avuto il coraggio della non-rassegnazione. Un viaggio in un territorio di confine che spesso viene ignorato o addirittura cancellato.
Eppure questo territorio esiste. Ed è abitato da persone straordinarie, piene di coraggio, di voglia di vivere, di tenacia, di passione e tenerezza. Cannavò li presenta con grandissima intensità e con uno stile magistrale.
Uomini e donne che vivono, sognano, lavorano, si emozionano, anche se sono senza braccia o costretti sulla sedia a rotelle o ciechi dalla nascita.