Animato da una sete inestinguibile di interrogare e di autointerrogarsi, Tuvia Tenenbom, ebreo americano, anzi newyorchese, nel 2010 viaggia per alcuni mesi attraverso la Germania, dove già solo il termine “ebreo”, per non parlare di antisemitismo o Shoah, è irto di ineludibili complicazioni che in quel paese assumono generalmente una particolare intensità.
Amburgo, Berlino, Monaco di Baviera, Lipsia, Dresda… Tenenbom percorre il paese rovistando nella coscienza e nella memoria delle persone che incontra: radicali di sinistra, suore, imam, rabbini, un ex cancelliere, radicali di destra, neonazisti, Judenschlaeger, “pestatori di ebrei”…
Per strada, nei bar, in treno, ovunque Tenenbom, partecipe e febbrile, parla, registra e commenta con acuta ironia figure, luoghi e avvenimenti, offrendo uno spaccato di un paese ancora e forse per sempre pervaso dalla vergogna per gli orribili crimini commessi dal nazismo.
L’ipotesi più giudiziosa e “politicamente corretta”, non sembra tuttavia essere del tutto appropriata.
Come spiegare altrimenti l’odio inestinguibile per l’ebreo in Germania, dopo che non ne è rimasto quasi più nessuno?
Gli elementi di continuità con il velenoso passato, scopre Tenenbom, e noi con lui, sono occulti e talora tortuosi, ma innegabili.