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Il tempo che ti piace buttare, non è buttato. (J. Lennon)

I genitori che dicono (anche) NO, fanno la differenza…

Comincio con un pensiero privato, ma che mi ha portato poi ad una riflessione condivisa con alcuni amici, visto che l’inciviltà (ad ogni livello) è la diretta conseguenza della cattiva (se non assente) educazione impartita da chi dovrebbe invece guidare i figli verso il loro posto nella Società di domani.

Un paio di settimane fa c’è stato un pranzo Blog al Globe con il Magnifico Pupetto detto Alessio (o viceversa?) che si è confermato, se mai servisse, un bimbo bello, simpatico, sempre sorridente e molto bravo, tanto da far fermare la gente a dire: “ma come è bravo questo bambino”.

Alla faccia di certi “rompipalle” (anche più grandi) che si trovano in giro, con genitori che sorridono quando il bambino lancia strilli assordanti al ristorante o cammina continuamente fra i tavoli, ostacolando i camerieri oppure urtando le gente seduta al tavolo. Ogni tanto senti un Camilla non disturbare, Iacopo non urlare, e poi si passa oltre.

E quindi complimenti a “il Testimone & Ram” che dimostrano l’importanza del ruolo dei bravi genitori, alla faccia di tanti “mollaccioni” che crescono dei piccoli incivili.

Leggi anche: Sos educazione, impariamo a dire no

Essere genitori non è facile, l’esempio ricevuto dai propri genitori aiuta, ma fino ad un certo punto, che i tempi cambiano e cambia l’approccio; giorni fa ho visto l’intervista a Michele Serra che presentava il libro Gli sdraiati e, cito a memoria, ad un certo punto ha detto che i genitori non devono essere amici dei figli ma,per l’appunto, genitori.

Il libro di Serra (che non ho letto) fa sorridere, ma sono più vicino al punto di vista di Giordano, quando fa notare che:

Lo sappiamo tutti benissimo che ogni generazione non ha mai capito quella successiva, che ogni padre è inorridito di fronte alla moda seguita dai figli, e si è arreso di fronte al tentativo di capirne i gusti musicali.

Le stesse frasi, le stesse incomprensioni, la stessa difficoltà a intendersi e a capirsi…ma non penso che questo sia il frutto di una mutazione epocale. È, semplicemente e banalmente, lo scorrere del tempo.

Scrive ancora Giordano: E quindi forse sarebbe ora che noi padri, anziché prendercela con i nostri figli, ce la prendessimo un po’ più con noi. Perché se davvero i ragazzi stanno venendo su viziati è colpa nostra, che ci siamo trasformati ormai da troppo tempo da genitori a sindacalisti della figliolanza.

È colpa nostra che prendiamo perennemente le loro difese, li giustifichiamo sempre, li proteggiamo oltre ogni ragionevole margine di sicurezza. Un tempo se un professore dava un quattro, lo studente andava a casa a rischiava di prenderle: adesso rischia di prenderle soltanto il prof. 

Vai male a scuola? Non è che sei asino: è colpa degli insegnanti che non ti capiscono. L’allenatore ti manda in panchina? Non è che sei scarso: è che quello ha i suoi favoriti. Litighi con l’amico? Non è che ti sei comportato male, macché: è lui che non ha capito quanto sei buono. 

Non sono i figli che sono sdraiati. Siamo noi padri che siamo un po’ rincoglioniti.

Appunto.

Io ricordo una dolce bambina di 4 anni che alle dieci di sera voleva mangiare la Nutella. Dici di no e la dolce bambina si trasforma in una iena che urla e piange; di solito un pianto insistente faceva cedere la madre 😦 ma dal mio punto di vista essere genitore non significa cedere al primo pianto, perchè ti infastidisce.

Ed ecco che spengo la tv, mi alzo e mi siedo per terra, davanti all’anta del mobile che separa la dolce bambina dalla Nutella.  Poche parole, chiare, senza urla e la storia finisce.

Ma la stessa dolce bambina, quando si andava ai giardinetti a giocare, sapeva che le regole erano solo due: restare sempre nel mio campo visivo e quando indicavo l’orologio era il segnale che dopo pochi minuti saremmo tornati a casa.

E mentre gli altri bambini, peraltro stressati da mamme (non tutte, ovviamente) che urlavano continuamente (a vuoto) non fare questo, non fare quello. strepitavano con le mamme che quasi sempre cedevano, lei ritornava felice verso casa.

Non serve a niente minacciare punizioni, se poi non fai seguire i fatti alle parole. Ci vuole coerenza, a costo di essere antipatici e duri, ma giusti. L’eccesso di severità per quel che mi riguarda è dannoso come il lassismo.

Fatti questi ragionamenti, l’altro giorno mi sono ritrovato per le mani un articolo su Vanity Fair che raccontava dei genitori alle prese con pre-adolescenti fan degli One Direction.

Altri tempi, certo, tuttavia da ragazzino non sono mai stato fan di alcunchè, avevo passioni che ho ancora, ma che non hanno complicato la vita ai miei genitori.

L’unica cosa che ricordo è quanto, sui 12 anni, volevo la pista della Polistil (i videogiochi non esistevano), ma le insistenze  e le richieste natalizie, sono sempre andate a vuoto, per realizzare anni dopo che in realtà mancavano i soldi e non la voglia di regalarmi la pista.

In ogni caso non sono stato traumatizzato dalla mancanza di una cosa che desideravo.

E’ andata così, non si può avere tutto dalla vita ed è quello che a quanto leggo, non imparano certe figlie di certi genitori.

Leggo della mamma che per accontentare la figlia 13enne ha acquistato online i biglietti del concerto a 150 €, ma erano falsi, per cui soldi buttati, ed allora la figlia si è chiusa nella sua stanza disperata, per cui il padre ha ceduto ed ha trovato due biglietti a 250 € che però non è riuscito a comprare e quindi altri pianti della figlia, che è stata salvata da una serata aggiuntiva e che quindi ha potuto andare al concerto.

Leggo dell’altro papà che a cena si sorbisce tutte le sere la visione di Violetta e delle sue musichette. E solo quello si può vedere. Poi leggi della mamma che da Roma è stata costretta ad una costosa trasferta a Verona con la figlia, per assistere al concerto.

E via così, si legge di pianti, ricatti, trasferte costose, e la spesa di 275 per ogni biglietto per assistere al musical di Violetta. E minimo saranno due biglietti = 550 € + le spese accessorie, albergo incluso per chi si deve spostare di centinaia di chilometri.

La vita però a quei figli dirà spesso di NO, potrà dirglielo un amore non corrisposto, potrà dirglielo un datore di lavoro o quello che vuoi. Chi è abituato a sentirsi dire sempre SI, come reagirà quando prima o poi sbatterà il naso sulla realtà?

Fortunatamente sul numero successivo ho letto poi la lettera di Lara, un’ex-adolescente, ora 29enne, che scrive:

Ho letto con un pò di pena la storia dei genitori disperati perchè le loro vite sono sconvolte dalle star che fanno battere il cuore alle loro figlie adolescenti. Ho 29 anni, sono stata anch’io adolescente, mi piacevano i Take That.

Quando arrivarono in Italia, certo, mi sarebbe piaciuto andare al concerto, ma per vari motivi non fu possibile. Non mi chiusi in camera. non piansi istericamente. 

Accettai il fatto di non poter andare, senza che i miei, pur di accontentarmi, facessero le acrobazie dei genitori dell’articolo.

Forse non gliene parlai nemmeno, e non perchè non ci tenessi: sapevo di non poterlo fare, punto. Che male c’è a non poter fare una cosa ed esserne consapevole?  Non si può dire “pazienza” e passare ad altro?

Nella vita ci saranno cose più importanti della band del momento.

Pensiamo un attimo ai figli di chi magari oggi guadagna come stipendio il prezzo del biglietto per vedere gli One Direction: dubito che quei figli sbatteranno la porta in faccia ai genitori che lottano ogni giorno per portare a casa da mangiare.

E non mi si dica che non capisco perchè non sono madre perchè, prima di tutto, siamo stati e saremo sempre figli.  Dite “no”, vi prego, se non riuscite a trovare i biglietti per un concerto.

Lasciate le adolescenti in lacrime nelle loro stanze. Usciranno, prima o poi, e spero si rendano conto che non tutto è dovuto, che quando è troppo è troppo.

Non assecondatele sempre e comunque. Vi vorranno ancora più bene, soprattutto quando si renderanno conto che ildenaro ha un valore, e con quei 200 o 300 € si sarebbe potuto fare dell’altro.

 

4 commenti su “I genitori che dicono (anche) NO, fanno la differenza…

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  2. Madamin
    4 dicembre 2013

    Sono totalmente d’accordo con il tuo punto di vista.

    Sono cresciuta anch’io con limitazioni e divieti (dettati da vari motivi correlati) ma non ho mai dato in escandescenze: semplicemente mi rassegnavo (anche se mi spiaceva certo, ma non ne ho mai fatto un dramma).

    Diciamo che ora è un po’ un mix: i tempi che cambiano, i genitori sindacalisti rincoglioniti e i figli seduti.

    Ma questo mix non esclude il fatto che, se si deve dire no, non ci devono essere nè ripicche nè scenate.

    No si deve dire anche per aiutare i bambini o ragazzini, abituandoli al fatto che la vita ti mette davanti a tanto no, variamente distribuiti e ti puoi incazzare, dare di matto, puoi anche suicidarti ma nulla cambia.

  3. Ele di Milano
    4 dicembre 2013

    Condivido, mi sono sempre considerata una mamma fuori moda!!

  4. Bosch
    3 dicembre 2013

    Mi sa che avevano ragione gli spartani,la nostra rovina e’ il superfluo….

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