Le uova italiane si alleano alla normativa europea. La comunitaria 2009, infatti, manda in soffitta le leggi 491/1971 e 136 /1991, che prevedevano una tassa gravosa ed arbitraria a carico degli imprenditori per ogni uovo confezionato, snellendo le procedure per i centri d’imballaggio e rendendo le etichette più trasparenti.
Il provvedimento ripristina una parità di concorrenza nella commercializzazione delle uova, in quanto i produttori italiani non solo pagavano una tassa maggiore rispetto ai colleghi stranieri ma erano soggetti ad un iter burocratico più lungo. In sostanza la normativa rimuove l’obbligo di apporre la scritta “cova” sule uova destinate all’incubatoio che non entrano nel circuito alimentare e risistema alcune disposizioni già in vigore dal 2004.
Le uova devono essere ritirate dal commercio sette giorni prima del termine minimo di conservazione indicato sull’imballaggio; la quantità netta del prodotto può essere espressa sia in peso che in numero di uova; sono obbligatorie sugli imballaggi e le singole uova l’indicazione del sistema di allevamento (biologico, all’aperto, a terra, in gabbia) e la sigla del codice e la sigla del codice di allevamento. E’ facoltativo, inoltre, l’inserimento dei dati sull’origine del prodotto e sul tipo di alimentazione degli animali.
Infine, per quanto riguarda la dicitura “extra” e “extra fresche”, può essere apposta a condizione che sull’imballaggio e sulle uova vengano indicati in maniera visibile la data di deposizione e il termine di nove giorni dalla predetta data di deposizione. Dopo tale periodo, le uova devono essere ritirate dagli scaffali di vendita oppure va rimossa la dicitura “extra”.
Autore: Simona Volpe
Fonte: http://www.consumatori.it