Mentre i politici e alcune Confederazioni agricole nazionali si accaniscono su una legge per l’indicazione in etichetta dell’origine delle materie prime che non potrà mai trovare applicazione, si è appena persa una grande opportunità di contrasto ai fenomeni di agro-pirateria che colpiscono il “Made in Italy”.
Il 15 novembre 2010 è stata pubblicata la versione consolidata dell’Accordo commerciale per la lotta alla contraffazione (“Anti-counterfeiting trade agreement”, Acta) sottoscritti dall’Unione Europea con gli Stati Uniti e altri nove Paesi (Australia, Canada, Giappone, Corea, Messico, Marocco, Nuova Zelanda, Singapore e Svizzera).
L’Accordo mira a completare l’Accordo Trips (“Trade related intellectual property rights” del1994), che garantisce la tutela dei diritti di proprietà intellettuale in tutti i Paesi aderenti all’Organizzazione mondiale del commercio.
Grazie al nuovo Accordo, nei casi di contraffazione dei marchi (®,™)o di violazione dei diritti di autore (©), le autorità dei Paesi firmatari potranno: sottoporre i responsabili a processo penale, imporre il risarcimento dei danni ai titolari dei diritti lesi e procedere alla distruzione dei prodotti contraffati.
La questione più controversa riguarda la natura dei diritti da tutelare: alcuni Paesi, a partire dagli USA, insistono per limitare la protezione internazionale ai soli marchi registrati e ai diritti d’autore; l’UE ha invece sollecitato invano l’estensione della salvaguardia a favore delle indicazioni geografiche come le Dop e le Igp.
Agro-pirateria e “Made in Italy”
Il problema interessa particolarmente l’italia visto che l’agro-pirateria colpisce il “Made in Italy” per un valore complessivo stimato di circa 60 miliardi (il triplo delle nostre esportazioni). Non si tratta di imitazioni dei marchi aziendali (se non in minima parte), ma di contraffazione delle indicazioni geografiche famose in tutto il mondo come il Prosciutto di Parma o l’Aceto Balsamico di Modena. Un caso tipico e quello del Parmigiano Reggiano al punto che alcuni Paesi come gli Stati Uniti e l’Australia hanno persino provato a legittimare il “Parmesan” in sede di “Codex Alimentarius”….
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