Pubblico una sintesi di un lungo ed interessante articolo di Alberta Cremonesi letto oggi su Il Fatto Alimentare. Per la lettura integrale clicca sul link in calce.
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Il caro vecchio pollo, tanto denigrato da alcuni consumatori, è però sempre in testa alle classifiche di vendita sia per il prezzo alla portata di tutti sia per la buona fama delle carni bianche, spesso consigliate in alternativa a quelle rosse.
Sugli allevamenti aviari si parla spesso e si è detto di tutto, ma il più delle volte si tratta di luoghi comuni. Molte persone, per esempio, sono convinte che i polli siano ancora allevati “in batteria”.
Ma allora come crescono i polli oggi? Dipende dal tipo di pollo. La maggior parte di quelli che arrivano sulle nostre tavole appartengono alla categoria cosiddetta “standard”: gli animali sono allevati in grandi capannoni dove sono liberi di muoversi su un terreno ricoperto da una lettiera, formata da truciolato di legno o paglia, quotidianamente rivoltata e fatta asciugare, ma mai sostituita per tutto il ciclo di vita dell’animale (è impossibile tecnicamente, finché nel capannone sono presenti gli animali).
La quantità di polli massima per capannone è stata di recente definita dal decreto legislativo 181 del 27 settembre 2010 sul “benessere degli animali” (che ha recepito la direttiva europea 43 del 2007). A dispetto del titolo della legge, i poveri pennuti non vivono in una beauty farm: la densità consentita viene misurata a chili e non a numero perché i pulcini quando vengono messi nei capannoni pesano solo 40 grammi. La norma prevede un minimo di 33 Kg per metro quadro fino a 42 in relazione alle caratteristiche dell’allevamento.
I giorni di vita di un pollo, invece, non sono definiti dalla norma. In Italia il mercato richiede tre categorie: il pollo piccolo, quasi esclusivamente destinato alle rosticcerie, macellato dopo circa 38 giorni; il pollo di medie dimensioni, quello che con più frequenza si trova sui banchi del supermercato, che viene allevato per circa 50 giorni; infine il pollo grande (può arrivare fino ai 3,5 chili) che si trova soprattutto nelle macellerie e viene allevato per circa 60 giorni.
Il pollo standard – frutto di un incrocio tra razze che negli anni ha selezionato il miglior rapporto tra la qualità della carne, il cibo ingerito e la velocità di crescita – ingrassa al ritmo frenetico. Ogni pennuto trasforma 2 kg di mangime in un chilo di carne. Questo vuol dire che 4 euro di mangime ingerito si trasformano in un chilo di carne e i costi di allevamento risultano relativamente bassi.
La carne di questi animali a crescita veloce, molto tenera, è la più economica e per questo motivo rappresenta oltre il 90% delle vendite e viene utilizzata nei fast food. Il difetto è un po’ il sapore, poco caratterizzato e comunque lontano da quello che una volta veniva chiamato pollo ruspante.
Per avere una crescita più lenta, da molti apprezzata in termine di qualità perché la carne risulta avere un sapore diverso, bisogna indirizzarsi su altri prodotti e rassegnarsi a spendere di più.
Estensivo al coperto > I polli crescono in capannoni come quelli standard, ma la densità massima è di 25 Kg per metro quadro e non possono essere macellati entro 56 giorni. Il prezzo è in media del 20% superiore al pollo standard.
All’aperto > La densità abitativa nel capannone non può superare i 27,5 Kg per metro quadro. Devono essere presenti anche spazi aperti, ricoperti di vegetazione, a cui gli animali abbiano accesso per almeno metà della loro vita. La macellazione, anche in questo caso, non avviene prima dei 56 giorni.
Rurale all’aperto> La situazione è come quella dei polli allevati all’aperto, solo che nei capannoni non si possono allevare più di 4800 animali, e l’accesso agli spazi aperti deve essere consentito fin da quando i polli hanno 6-8 settimane di vita. La macellazione avviene dopo almeno 81 giorni .
Rurale in libertà > L’accesso a spazi esterni di superficie illimitata deve essere costantemente garantito.
Pollo biologico > Si differenzia da quello all’aperto in libertà sostanzialmente solo per il mangime, che deve essere biologico e composto per almeno il 65% da cereali.
Quella del mangime è in effetti un’altra delle questioni chiave quando si parla di leggende metropolitane che purtroppo hanno trovato conferma nello scandalo dei polli belgi alimentati con mangimi inquinati da diossina. Il mangime è composto in gran pare da granturco e grano, un po’ di sorgo, soia, oli vegetali, vitamine e sali minerali. Le proteine animali, invece, sono state vietate anche per i volatili dopo lo scandalo mucca pazza.
Sui mangimi si sente d rassicurare anche Paolo Montagna, responsabile Qualità dell’intera filiera del Gruppo Amadori, una delle tre leader del settore in Italia : «Per i nostri prodotti di punta, il pollo Campese e la linea dieci più, scegliamo materie prime non contenenti né originate da Ogm.”
I controlli sulle partite di mangimi sono severissimi. Così come lo sono quelli sulla salute degli animali. Tanto per sfatare un altro mito: quello degli allevamenti in cui le malattie regnano sovrane e gli antibiotici scorrono a fiumi.
Una volta si usavano gli antibiotici promotori della crescita, in grado di selezionare la flora intestinale dell’animale per favorire la crescita. La normativa europea li ha vietati 4 o 5 anni fa, Amadori fin dal 2001 li aveva esclusi sulla linea dal 2000.
Lettura integrale dell’articolo qui > http://www.ilfattoalimentare.it/i-polli-non-sono-tutti-uguali-cambia-la-qualit%C3%A0-il-sapore-e-il-costo.html