Dopo gli spinaci e altre verdure a foglia larga, il tè verde, le alghe, il pesce, l’acqua, il latte, le 1.500 mucche contaminate vendute in tutto il paese, ora a far tremare il Giappone è il riso.
Non solo, infatti, il raccolto del prossimo anno potrebbe essere compromesso: anche quello di quest’anno potrebbe risultare del tutto inutilizzabile perché contaminato da cesio e uranio. E se si considera che il riso è l’alimento base della dieta del Giappone, che se ne producono più di otto milioni di tonnellate all’anno, che tutto il riso consumato proviene da coltivazioni nazionali e che parte del raccolto è destinato all’esportazione, si comprende perché la tensione, dopo l’annuncio dell’avvio di analisi a tappeto in 18 prefetture, è alle stelle.
La produzione è concentrata nel nord del paese, dove si trovano le 18 prefetture che hanno deciso di iniziare i test e che, da sole, producono in media il 40 per cento del riso totale.
A guidare il raccolto nazionale è il nord dell’isola di Hokkaido, abbastanza lontana da Honshu, l’isola dell’incidente; in quest’ultima, però, si trovano la seconda e la terza zona di produzione, e cioè Niigata e Akita, seguite da Fukushima che, prima dell’incidente, produceva quasi 400mila tonnellate di riso all’anno.
Le analisi dovranno ora dire se il riso che dovrebbe essere raccolto nelle prossime settimane è stato esposto ad acqua radioattiva e se per questo contiene più di 500 becquerel di cesio e 100 di uranio per chilo, secondo i limiti di sicurezza fissati dal governo.
Come ha ricordato il ministro della Salute, infatti,….