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Il prezzo del latte fresco al supermercato può raddoppiare. Ecco perchè…

un articolo di Roberto La Pira che leggo su Il Fatto Alimentare

A Milano scegliere il latte fresco è complicato. Il prezzo può anche raddoppiare, e in un periodo di crisi economica risparmiare 20-30 euro al mese in una famiglia dove se ne beve un litro al giorno non è poco.

Ma come si giustificano differenze così vistose? Ci si può fidare della materia prima quando un litro di latte costa solo 0,75 €/l come accade nei punti vendita Esselunga e Iper?

La risposta è affermativa,  perché  è vero che stiamo parlando di  latte italiano non classificato come Alta Qualità che costa 5 centesimi in meno al litro, ma il piccolo sconto conta poco. Il vero risparmio è dovuto alla confezione di cartone bianco un po’ spartana,  all’assenza di pubblicità, all’abbattimento drastico dei costi di distribuzione e, soprattutto, alla scelta del supermercato di vendere senza margini per attirare clientela.

Il risultato è molto interessante, ma siamo di fronte a “prezzi civetta” non rappresentativi del mercato e impossibili da sostenere per qualsiasi azienda.

Continuando ad esaminare lo scaffale del banco frigorifero una quota rilevante è costituita  da latte italiano di Alta Qualità (classificato in questo modo perché ha un contenuto di proteine leggermente superiore e la filiera è sottoposta a regole più severe) firmato dalle  grandi catene di supermercati: Coop, Esselunga, Unes, Carrefour, Il Gigante … venduto a un prezzo compreso tra 1,0 e 1,1 €/l.

La terza fascia comprende il latte delle grandi marche come: Centrale del latte, Granarolo, Latte Milano, Carnini. Stiamo parlando sempre di un prodotto locale di Alta Qualità, venduto però a 1,5 a 1,6 €/l. I costi sono maggiori, ma il vantaggio per i consumatori è che le aziende distribuiscono in modo capillare, in tutti  i punti vendita e questo incide molto sui costi.

Poi bisogna considerare la pubblicità,  il marketing e i costi del latte ritirato anche se non ancora scaduto. Sulla qualità è difficile dire qualcosa di interessante.

Il latte in bottiglia è di buon livello, ma risulta abbastanza uniforme, perché la quantità di grasso è standardizzata,  i mangimi utilizzati negli allevamenti sono simili, come pure le procedure di lavorazione per cui alla fine il sapore si differenzia poco.

Per gli intenditori disposti a spendere qualcosa in più, sulla piazza si trova il Latte Milano con lavorazione tradizionale inglese con un livello di grasso superiore e il Latte Yomo con fermenti lattici, venduti a 20-30 centesimi in più.

La scadenza: Il latte fresco, va tenuto in frigorifero ad una temperatura massima di 4°C e scade 7 giorni dopo il confezionamento.  Una volta aperta la bottiglia si consiglia di berlo entro 3-4 giorni e, comunque prima della scadenza. Queste sono le regole previste dalla normativa di legge e riportate su tutte le bottiglie.

C’è però un’altra verità non scritta, ma ben nota agli addetti ai lavori, che riguarda l’estensione della scadenza di uno-due giorni rispetto alla data indicata in etichetta. Questo si può fare solo quando la bottiglia resta chiusa e viene sempre rispettata la catena del freddo perché il livello igienico della materia prima è buono e i microrganismi sono pochi.

D’altro canto quando la catena del freddo viene interrotta il latte si può alterare e caglia anche prima della data riportata in etichetta. Si tratta di un inconveniente che può capitare soprattutto d’estate, quando una sosta prolungata fuori dal frigorifero durante le operazioni di scarico può diventare un fattore critico. In questi casi il prodotto prima assume un sapore acidulo, poi caglia e non va bevuto.

Lo spreco quotidiano «In una provincia come Milano – spiega Pietro Cerlesi  responsabile operative di Latte Milano –  ogni giorno almeno 20 mila di litri di latte fresco di Alta Qualità vengono ritirati dagli scaffali dei supermercati solo perché scadono dopo 48-72 ore.  I consumatori preferiscono le confezioni con una durata lunga, per cui queste bottiglie  sono  ritirate e il latte viene destinato nella maggior parte dei casi a cibo per animali».

Chi soffre di più in questa situazione è la bottiglia firmata da grandi marche (Centrale del latte, Granarolo, Latte Milano, Carnini  …) perché, in virtù  di prassi consolidate con i supermercati, quando si consegna il latte nuovo si ritira quello che scade dopo due-tre giorni.

L’esito è disastroso perché questa operazione grava sul listino per 0,10 €/l. La responsabilità è in parte della grande distribuzione che hanno viziato i consumatori, mentre  si  potrebbe offrire a prezzi ribassati  il prodotto in scadenza come si fa in alcuni punti vendita in Emilia Romagna.

(articolo pubblicato sul Corriere della Sera di Milano il 29 settembre 2011)