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Un libro: L’onore d’Italia

Da settant’anni El Alamein è un grido che risuona nei cuori e nelle menti d’Italia. Per i ragazzi dell’Ariete, della Trento, della Folgore, della Trieste, della Littorio, della Bologna, della Brescia, della Pavia, del 4° e del 50° stormo d’assalto rappresentò l’appuntamento con un destino ingrato, da ciascuno onorato al meglio.

A mandarli al massacro furono la sanguinaria follia del duce e il tradimento degli ammiragli: Mussolini, nel ’41 e nel ’42, preferì inviare undici divisioni e il meglio dell’artiglieria nel mattatoio sovietico anziché in Africa, dove avrebbero potuto cambiare il corso della guerra; i capi della Marina rivelarono agli inglesi le rotte dei trasporti verso Tripoli e Bengasi privando in tal modo l’armata italo-tedesca dei rifornimenti indispensabili per raggiungere il canale di Suez.

Pur ignorati dalle ricostruzioni ufficiali, bersaglieri, parà, fantaccini, genieri, aviatori scrissero pagine di memorabile abnegazione persino a dispetto del regime, che li aveva abbandonati nel deserto. E gli italiani non scapparono, non alzarono le mani, spesso morirono in silenzio nella loro buca. Gli stessi successi di Rommel furono frutto, finché il nemico non se ne accorse, di una straordinaria operazione di spionaggio condotta dal maggiore dei carabinieri Manfredi Talamo, in seguito fucilato alle Fosse Ardeatine.

A El Alamein cominciò la presa di coscienza dei ragazzi della generazione sfortunata, che avrebbe poi indotto gran parte dei pochi sopravvissuti della Folgore ad arruolarsi, dopo l’8 settembre, con gli anglo-americani.

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Consiglio la visione del film El Alamein, la linea del fuoco di Enzo Monteleone, senza dimenticare i contenuti extra che serviranno a spiegare meglio, ascoltando i ricordi dei sopravvissuti, cosa sia stata quella battaglia, tanto più quando si è abbandonati al destino dagli stessi che ti hanno inviato a morire nel deserto.

Sentire ad esempio i racconti dei soldati italiani che per sopravvivere bevevano l’acqua (calda) del radiatore dei camion oppure l’acqua che arrivava contenuta nei fusti del gasolio, mentre i loro generali se ne stavano a debita distanza dal fronte ad impartire ordini, sino ad arrivare al perentorio ordine di Mussolini che non prevedeva ritirate.

Il mio commento non deve essere inteso come un elogio della guerra, ma un ricordo del coraggio di ragazz in divisa, molti dei quali, è necessario ricordarlo, non erano volontari, ma coscritti; come mio zio Angelo (fratello di mio nonno) che a 25 anni si è trovato su un aereo di trasporto diretto in Africa; giunti sul Mediterraneo sono stati attaccati da aerei inglesi ed una raffica di mitragliatrice ha staccato la calotta cranica al suo vicino di posto. E questo è stato solo l’inizio….

Catturato dagli inglesi si è fatto 5 anni di prigionia. Avrebbe preferito restare a casa con la moglie sposata da poco, avrebbe preferito non essere costretto a combattere in nome di un fascismo che detestava. Avrebbe preferito vivere in pace…

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Questa voce è stata pubblicata il 3 novembre 2011 da in L'angolo dei libri - Le nostre segnalazioni con tag , , , , , , .