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Repubblica e Coldiretti lanciano accuse all’olio extravergine, ma gli indizi sono approssimativi

un articolo di Roberto La Pira che leggo su Il Fatto Alimentare

Allarme olio? Secondo il quotidiano la Repubblica e Coldiretti la situazione dell’extravergine in Italia  è preoccupante, tanto che il giornale ha pubblicato  il 23 dicembre  un lungo articolo dai toni eccitati. Ilfattoalimentare.it segue con attenzione le vicende dell’olio, ma l’inchiesta di Paolo Berizzi su la Repubblica presenta risvolti molto incerti che ne mettono in discussione la validità.

Tutto  prende spunto da un’analisi condotta alla fine di novembre da Coldiretti, Unaprol e Symbola su dieci bottiglie di olio extravergine di oliva (di cui non è dato conoscere le marche) inviate in forma anonima all’Agenzia delle Dogane di Roma per effettuare l’analisi organolettica.

Secondo quanto riferito dal comunicato ufficiale di Coldiretti, gli esperti hanno evidenziato nel 40% dei casi presenza di muffe ( visto che il panel organolettico ha trovato un difetto di muffa dovuto alla cattiva conservazione delle olive e non certo muffe nell’olio come viene scritto e come è stato ripreso dalle testate on line).

Il referto analitico prosegue con il 16% di campioni di olio proveniente da olive alterate (forse Coldiretti voleva dire più correttamente di cattiva qualità) e con l’8% dell’olio ottenuto da olive rancide  (forse Coldiretti voleva dire più correttamente con una nota di odore di rancido).

Accantonate queste gravi inesattezze, nel testo si legge che tra le dieci bottiglie non ci sono marchi Dop e nemmeno oli qualificati come 100% olio italiano.

E’ lecito chiedersi a questo punto come è stata fatta la campionatura. Perché sono state escluse alcune categorie e qual è il valore statistico di un lavoro realizzato su pochissimi campioni per di più anonimi.

Si tratta di un campione rappresentativo dell’1%, del 10% o del 50% del mercato? Abbiamo chiesto a Unaprol e Coldiretti i documenti analitici originali del laboratorio per capire meglio, ma ci  è stato risposto che si tratta di analisi “riservate oggetto di indagine” da non divulgare!

L’altro elemento su cui riflettere è chiedersi quale valore ha una prova condotta su dieci bottiglie di olio anonime quando in Italia esistono una miriade di marche.

Il terzo punto “critico” di questa storia evidenziato nel comunicato stampa di Coldiretti e dall’articolo, è la tesi secondo cui l’80% delle bottiglie di extravergine vendute in Italia contiene olio di diversa origine.

La vicenda viene presentata come uno scandalo, quasi una presa in giro per il consumatore, anche se le indicazioni riferite alla provenienza dell’olio sono riportate sulle etichette in caratteri tipografici minuscoli. Questa scarsa trasparenza dei produttori può essere vera in qualche caso, ma le etichette che utilizzano caratteri tipografici piccoli per indicare la provenienza della materia prima sono legali.

La legge permette a un’azienda italiana di imbottigliare olio spagnolo, tunisino, greco o di altre nazioni. L’unica accortezza è di indicarlo in etichetta e di non trarre in inganno il consumatore, con frasi o immagini che possono indurre in errore sull’origine della materia prima. Il problema dei caratteri tipografici minuscoli esiste, ma riguarda un po’ tutti i prodotti  alimentari. La questione verrà risolta con l’entrata in vigore tra tre anni dalla nuova direttiva sulle etichette alimentari approvata un mese fa dall’UE che prevede diciture più grandi.

Il tentativo dell’operazione “olio ammuffito” è di screditare l’olio di oliva dei Paesi  europei ed extra-europei giudicandolo, per principio, di bassa qualità e dando per scontata una superiorità del prodotto made in Italy. Più che di un’inchiesta giornalistica sembra di leggere una favola per bambini dove si racconta che il prodotto  italiano è “sempre buono”, mentre quello degli altri Paesi è “sempre cattivo”, senza uno straccio di riscontro analitico.

La verità è che in tutti i Paesi mediterranei si imbottiglia volentieri extravergine mediocre che viene poi venduto a prezzi stracciati. Il più delle volte si tratta di olio deodorato (in parte legalizzato da una direttiva comunitaria di qualche mese che lo ha promosso di categoria trasformandolo per legge in extravergine), oppure di olio con difetti organolettici (classificabile come vergine o addirittura come olio lampante da rettificare).

Purtroppo l’inchiesta evanescente dell’olio condotta dal quotidiano  la Repubblica è stata ripresa a livello internazionale da diversi media, e le autorità cinesi hanno addirittura deciso di vederci un po’ più chiaro.

Il giornalismo investigativo è uno strumento importante del nostro mestiere, ma

P.S. Quando si parla di olio c’è sempre molta confusione e il consumatore non ha le idee chiare. Per questo riproponiamo una nota sul prezzo e sulla qualità dell’olio pubblicata a fine settembre 2011, che a distanza di tre mesi risulta di estrema attualità.

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