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Inchiesta: il cemento ricopre Roma e non è ancora finita…

Alcuni giorni fa ho segnalato all’amico Francesco il link che portava all’inchiesta di Francesco Erbani per Repubblica, con il titolo Roma a tutto cemento; chi meglio di un romano poteva dire la sua in merito?

Ed infatti ecco arrivare puntuale la risposta di Francesco:

Una situazione assurda. Posso testimoniare, per quel che so e per quel che vedo con i miei occhi, come a Roma, in qualsiasi quartiere (dal centro fino, ancor di più, alle tante borgate), ci siano migliaia di fabbricati più o meno antichi (dismessi e abbandonati) e nuovi (costruiti e invenduti) vuoti, inutilizzati, giacenti e che potrebbero risolvere qualunque “problema-casa” senza ulteriormente aggredire territorio, ambiente, campagne, aree archeologiche, parchi.

Vero che molti giovani sono cotretti ad allontanarsi dalla città per comprare casa, dirottandosi sul litorale: sia a sud lungo la via del Mare e la Pontina, da Acilia e Ostia verso Castelfusano, Torvaianica, Tor San Lorenzo, fino all’area industriale di Pomezia, sia soprattutto a nord, da Fiumicino fino al confine con la Toscana lungo l’asse dell’Aurelia (Fiumicino, Ladispoli, Cervetri, Crerenova, Civitavecchia, ecc…) le città una volta di villeggiatura si sono espanse in modo enorme.

Questo per i costi proibitivi delle case di Roma (ma ora anche sul litorale sono cresciuti, vista l’alta domanda) e per i migliori collegamenti (spesso si fa prima ad arrivare a lavoro prendendo due treni da Ladispoli o da Civitavecchia che muovendosi da una periferia della città stessa).

Quel che, allora, dovrebbero fare le Amministrazioni, invece che incentivare costruzioni che poi non si venderanno, ma faranno contenti solo i soliti palazzinari veri “governanti” di Roma, è predisporre un piano di recupero delle case inutilizzate o addirittura abbandonate e fatiscenti tramite incentivi all’affitto o alla vendita con prezzi equo-solidali e migliorare i trasporti pubblici. Ma, forse, è quasi fantascienza.

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L’inchiesta, della quale consiglio la lettura, si divide in più parti. Si comincia con Sulla Capitale una nuova pioggia di case, la campagna nelle mire dei palazzinari dove leggo che “Due mila ettari di terreno lasceranno il posto a 66 mila case.

Merito degli “ambiti di riserva”, aree selezionate dal Comune per circa 200 mila abitanti. Tanti quanti quelli di Salerno o Brescia. Legambiente denuncia che nella Capitale già esistono più di 250 mila appartamenti vuoti. Alemanno promette che questi alloggi, fuori dal Piano Regolatore del 2008, saranno in parte destinati all’edilizia popolare. Ma è necessario costruire ancora?”

Seguono poi due video; il primo è intitolato Benvenuti nel quartiere dove regna l’invenduto, mancano i mezzi pubblici ma si costruisce ancora: A pochi metri dal quartiere Serpentara potrebbero arrivare case per 700 nuovi residenti.

Anche se ad oggi l’edificazione è autorizzata come commerciale, i proprietari stanno facendo in modo che sia trasformata in residenziale. Eppure basterebbe spostarsi a due chilometri da qui, a Porta di Roma nel quartiere Bufalotta, dove l’invenduto tocca punte del 60%. Nonstante ciò, il sindaco Alemanno, ha pensato di espandere anche questa zona già satura con un nuovo “ambito di riserva”.

Ed il secondo è La speculazione ai confini della vecchia Via Latina: Palazzi e cemento prenderanno il posto di ulivi secolari e luoghi storici. E’ quanto sta per accadere al X Municipio, una delle tante zone di Roma interessate dagli ‘ambiti di riserva’. Qui verranno rivoluzionati 56 ettari e costruiti più di 1700 appartamenti.

A seguire l’intervista Il boom edilizio fa danni manca un’idea urbanistica: Costruire nuovi alloggi non basta a fronteggiare l’emergenza abitativa”. Si allargherà il disagio delle famiglie e si abbasserà la qualità della vita. Ne risentiranno anche gli operatori immobiliari che ora credono di arricchirsi. Parla Giovanni Caudo, professore di Urbanistica a Roma 3

Ed infine si chiude con un pò di numeri nell’articolo Fuga dalla città dei palazzi dove gli edifici sono vuoti: Quasi la metà della superficie della Capitale è urbanizzata. Tra il nuovo Piano regolatore del 2008 e gli alloggi previsti da Alemanno verranno edificati più di 90 milioni di metri cubi, ma gli abitanti scappano.

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Le riflessioni di Francesco, di fatto, si rispecchiano totalmente in quanto contenuto nell’inchiesta, tuttavia constato ogni giorno che il problema è lo stesso a Milano come nella provincia ovest, dove ad ogni angolo sorgono cantieri; a Milano ecco nascere numerosi condomini, alcuni con appartamenti con una buona classe energetica, altri no, ma in comune hanno l’impostazione generale: dei parallalepipedi di cemento, con giardini risicati al minimo, salvo alcune eccezioni, tipo il recente condominio nelle vicinanze dell’ufficio, grosso e brutto (secondo me) ma con un’area attrezzata a parco giochi, panchine ed alberi che, ancor giovani, per ora non fanno ombra.

In netto contrasto la città è disseminata di cartelli Vendesi o Affittasi che restano appesi per mesi. Centinaia (migliaia?) di appartamenti sfitti e si costruisce ancora…?

Idem in provincia, dove i costruttori abbandonano l’idea dei grossi condomini per passare alle villette a schiera che però perdono la loro caratteristica più ambita, essere mono o bifamiliare, per tramutarsi in una sequenza di mini condomini da 4 appartamenti, e con uno spazio ridottissimo fra l’una e l’altra.

Giardini inesistenti ed in ogni caso mi immagino le future liti fra villette a seconda che uno faccia il barbecue in terrazza oppure alzi troppo la tv; alcune di queste villette hanno le finestre che si tuffano letteralmente nella casa a fianco. Ed anche in questo caso, tutto viene costruito nonostante vi siano molti appartamenti invenduti, anche di recente costruzione,

Quale problema aggiuntivo ho notato che in alcuni di questi complessi, inizialmente isolati dal centro cittadino, stanno per essere circondati da nuove costruzioni. Nascono poi, come funghi, i capannoni prefabbricati ed anche in questo caso moltissimi restano vuoti, anche per anni, con conseguente degrado dato dal mancato utilizzo ed accelerato poi dai soliti vandali.

D’altro canto, si sa, il degrado chiama il degrado.

Quindi il discorso vale per Roma come per la maggior parte delle località; vien da chiedersi se l’incasso Imu del futuro e gli interessi di certi palazzinari (sicuramente avidi quanto ottusi) siano sufficienti per compensare la cementificazione del territorio, tanto più se a discapito delle zone di campagna, con terreni agricoli che cedono il passo al cemento.

Ritengo che probabilmente nessun assessore all’urbanistica (e tanto meno i costruttori, che così denotano una certa ottusità professionale),  abbia letto il Rapporto ufficiale sulle potenzialità del recupero edilizio dal quale si evince chiaramente che Recuperare è meglio che demolire.

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Giugno 2013: Serve una firma, grazie – Petizione: fermiamo la costruzione di un nuovo centro commerciale a Corbetta. Per firmare, clicca qui

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5 commenti su “Inchiesta: il cemento ricopre Roma e non è ancora finita…

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  5. Francesco
    20 agosto 2012
    Avatar di Francesco

    Si può dire che, come purtroppo spesso accade, la storia non insegna.
    O, meglio: gli uomini non traggono insegnamento dalla storia che, pure, è prodiga di esempi tali da consigliarci nell’evitare il ripetersi degli errori.

    Vedere e ascoltare il video-servizio “Benvenuti nel quartiere dove regna l’invenduto” è come aprire uno sconcertante catalogo di immagini e situazioni già viste.
    L’esempio più eclatante sarebbe – e da solo basterebbe – il parallelo tra Serpentara e Corviale.

    Quest’ultimo “palazzo-quartiere”, dove in oltre un chilometro di cemento senza soluzione di continuità sono stipate migliaia di famiglie e persone in più di 7.000 alloggi decisamente precari, concepito e poi edificato 40 anni fa non solo somiglia architettonicamente in modo impressionante nel violento impatto fisico-visivo al più recente Serpentara, ma nasconde la stessa illusione rivelatasi tragica sconfitta.

    Anche Corviale, 40 anni fa, fu concepito e definito come “eccellenza” architettonico-sociale-abitativa: quartiere “modello”, nelle intenzioni non so quanto sincere, che avrebbe dovuto ospitare i cittadini relegandoli, quasi forse esiliando loro, in un ammasso di cemento autosufficiente composto da abitazioni e servizi di ogni sorta.

    Di quei servizi non si è mai visto nulla: l’intero piano (credo il secondo o, se non sbaglio) del lungo condominio di cemento che avrebbe dovuto ospitare i “servizi” è stato fin da subito abbandonato al suo destino, ovvero a divenire preda di persone affamate di spazi abitativi e trasformato in precarie celle abitative abusive.

    Ora Corviale, nonostante i recenti sforzi di aiuto da parte di pochi uomini di buona volontà, giace abbandonato a se stesso: una cattedrale di cemento che scoppia per i troppi abitanti ivi stipati precariamente e per lo più abusivamente e totalmente priva di servizi sociali e commerciali, in un deserto di sconforto facile preda di micro e macro criminalità e che sembra potersi appoggiare unicamente alla illegalità, visto che “laggiù” la legalità latita e, anzi, ha tradito tutte le attese.

    La storia si ripete: potremmo citare Bastogi, Laurentino 38 e tante altre situazioni.

    Oppure quartieri rersidenziali di lusso ai margini del centro dove tanti edifici di servizio (tipo ex cliniche private, ville di rappresentanza, sedi di aziende, grossi magazzini commerciali, ex supermercati o concessionarie di auto…) causa dismissioni per crisi economica giacciono abbandonati e i quartieri stessi si vedono privati di servizi, vedono aumentare il degrado, aumentare spazi che potrebbero essere sfruttati socialmente mentre invece diventano ricettacolo di degrado…

    … Tanto ci sono i mega anonimi e disumani centri comerciali oltre o vicino al Grande Raccordo Anulare: si fanno chilometri per fare la spesa, si consuma energia e si inquina, mentre i quartieri perdono identità e umanità, trasformandosi in tristi dormitori o eleganti zone residenziali prive di vivacità vitale.

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