in sintesi un articolo di Lorena Valdicelli che leggo su Il Fatto Alimentare
Abbiamo aspettato 20 anni il Regolamento Europeo sul vino biologico, e adesso il nuovo arrivato si trova la strada occupata da molti concorrenti.
Proprio qualche giorno fa FederBio ha ribadito sulle pagine de Il Fatto Alimentare la differenza tra il vino “biologico” e il vino “Libero” di Oscar Farinetti: quest’ultimo da un lato implica una riduzione dell’uso della chimica sia in vigneto che in cantina, ma dall’altro si autodisciplina, non sottostà alle regole dell’Europa, è appunto “libero” da certificazioni (e dei relativi costi aggiuntivi).
Il vino “Libero” non è il solo a competere con il biologico: ci sono anche il vino “sostenibile” (Sustainable Wine) del progetto V.I.V.A., lanciato dal Ministero dell’agricoltura, il vino del Consorzio “ViniVeri” e tanti altri ancora. Tutti in corsa per occupare mercati sempre più importanti: le stime danno il settore generale del biologico in espansione continua, con una cresciata annuale del 10-15%. Si tratta di un mercato che fa gola e in cui si allena il marketing delle aziende vitivinicole.
Indipendentemente da ciò che stabiliscono i diversi disciplinari, tutti questi nuovi vini pubblicizzano maggiore naturalità, un più stretto legame al territorio e maggiore sostenibilità ambientale. Ma le sfumature sono importanti e fanno la differenza.
C’è un fermento “ambientale” notevole nel settore vino. E che sia per convinzione e crescita di valori o per puro marketing o, ancora, per abbattere i costi, ha meno rilevanza: non ci formalizziamo e diamo il benvenuto a questo trend che comunque contribuisce ad allargare la consapevolezza e l’attenzione al problema delle sostenibilità.
Certo, un rischio c’è ed è reale: così tante sigle, tanti marchi, tante iniziative non coordinate e scarsamente allineate rischiano di creare un bombardamento di etichette, loghi e brand tale da confondere il consumatore, disorientarlo e alla fine allontanarlo.
Quindi, bene l’iniziativa volontaria dei privati, bene anche la scelta del Ministero di non imporre ulteriori regole ai produttori, come orgogliosamente rivendica il Ministro Clini, ma ogni tanto “fare squadra” a livello nazionale, lavorare e sostenere tutti insieme lo stesso progetto e lo stesso messaggio non sarebbe davvero male, per tutti.