un articolo di Dario Dongo che leggo sul Il Fatto Alimentare che testimonia come sempre più consumatori leggano le etichette con attenzione, cosa questa che dovrebbe far riflettere le aziende meno virtuose…
Per quanto riguarda l’obiezione mossa dal lettore, confermata da Dongo, è evidente che questo prodotto “può contenere” di tutto, così il produttore si para le spalle in caso di allergia a qualche ingrediente occulto e via andare…
* * *
Buongiorno, dopo avere letto l’ebook “L’etichetta”, anche io ho iniziato a cercare di capire qualcosa di ciò che compro al supermercato. Vi sottopongo però questa etichetta di alici marinate che secondo me non è proprio chiarissima.
P.
Risponde l’esperto di diritto alimentare Dario Dongo
Complimenti anzitutto per l’attenzione, requisito essenziale sul percorso del consumo critico. L’etichetta in esame è in effetti problematica, sotto diversi aspetti.
Ci soffermiamo sull’essenza:
– Operatore responsabile. La “Norita Srl” commercializza il prodotto a marchio proprio. Senza tuttavia premurarsi, come invece prescritto, di indicare la propria sede.
– Ingredienti. Ci si perde inevitabilmente, leggendo l’elenco, nell’idea di “alici” composte da “aceto di alcool”, sale e additivi. Il pesce smarrito ricompare poi in forma generica dietro la dicitura “allergeni”, altresì fuori luogo.
Sono presenti diciture non necessarie, quali “semiconserve ittiche” (?) e il cosiddetto “numero lotto” (reso superfluo dalla sua coincidenza con il termine minimo di conservazione precisato con giorno e mese).
L’area più critica è quella dove compare il ridondante elenco dei “può contenere”, che ben varrebbe una sintesi selettiva, a seguito di appropriata analisi dei rischi (un tempo nota come HACCP, compagna ideale delle buone prassi a loro volta identificate in GMP o GHP).
Infatti “il può contenere” io non l’ho mai capito o contiene o non contiene