La vera notizia in questo articolo di SicurAuto (qui in sintesi) è che il dipendente ha una tale coscienza di sè e dei suoi gesti da aver fatto causa per ingiusto licenziamento. Vedi te…
E forse qui la responsabilità ce l’hanno anche quei sindacati che difendono anche il lavoratore indifendibile, dandogli l’impressione di essere immuni dalla responsabilità delle loro azioni, a totale danno non solo delle azienda, ma anche dei lavoratori che invece fanno il loro dovere con correttezza e professionalità.
Che difendano questi ultimi, piuttosto, dalle prevaricazioni di certi datori di lavoro…
Degno di nota il fatto che il lavoratore sia ricorso in appello, vincendo (ma su che basi?) e solo in Cassazione l’azienda sia riuscita a far valere le sue ragioni, evidenti a chiunque abbia un minimo di buon senso, incluso il giudice dell’Appello.
Ed intanto 3 gradi di giudizio, uso di personale e risorse per una causa evitabile; forse bisogna rivedere le norme per disinnescare l’italica abitudine che si basa sul “ti faccio causa” cosa questa che intasa Tribunali già poco efficienti per conto loro e queste causa che si dilungano per anni, in realtà, favoriscono solo i furbetti che contano proprio su questo per sfangarla … ed infatti ci riescono.
La questione non vede protagonista direttamente Alfa Romeo ma un suo indotto, un’azienda esterna.
Via libera al licenziamento dell’addetto alla catena di montaggio che inserisce cartacce e materiali di risulta nei tubi dello schienale della macchina (Alfa MiTo) per fare uno scherzo all’addetta al controllo: se questa non li avesse scoperti ci sarebbe stata una lesione d’immagine per la Casa automobilistica.
Con un ricorso al Tribunale di Torino, un lavoratore chiamava in causa un’azienda chiedendo di dichiarare illegittimi il licenziamento avvenuto nel 2010, privo di giusta causa. Che era questo: l’inserimento di materiale nello schienale della MiTo.
L’azienda si costituiva in giudizio, chiedendo il rigetto della domanda e 600 euro di danni. Il Tribunale diceva no al lavoratore licenziato.
L’uomo ricorreva in secondo grado, alla Corte d’appello di Torino, nel 2011. E qui vinceva: ok al reintegro del lavoratore, più il risarcimento del danno. Più le spese dei due gradi di giudizio. Al che, l’azienda ricorreva per Cassazione.
Non si trattata solo di scherzi stupidi, ma un grave inadempimento degli obblighi di diligenza.
La Cassazione accoglieva il ricorso: ora, la Corte d’appello deve esprimersi di nuovo sulla questone, tenendo conto dell’orientamento degli ermellini.
La gente ha la faccia come il culo, pure ricorso ha fatto. I sindacati hanno grandissime colpe.
Per questo ora non hanno più voce in capitolo e a noi ci tartassano.
Per quello che mi riguarda mi sono cancellata dal sindacato nel 2006 dopo la vergognosa accettazione da parte sua dei concorsi che sono stati una vergogna