Sei mesi di proteste di massa hanno consegnato alla tribù di nativi americani Sioux Standing Rock una storica vittoria ambientalista.
La tribù ha difeso il diritto all’acqua bene comune: contestava la costruzione dell’oleodotto Dakota Access poche centinaia di metri a monte della loro riserva, dove attraversa più di 200 corsi d’acqua di varia grandezza nei pressi della confluenza tra il fiume Missouri e il suo affluente Cannonball.
Secondo gli Standing Rock, che hanno fatto causa alla compagnia con l’appoggio dell’Ong Earthjustice, la pipeline (oleodotto) rischia di inquinare irrimediabilmente le acque da cui dipendono i circa 8.000 membri della tribù e milioni di altri cittadini americani che abitano più a valle, oltre la riserva.
Inoltre la tribù afferma che l’oleodotto attraversa terre che considera sacre e vìola quindi il National Historic Preservation Act.
La corte ha dato torto ai Sioux rigettando tutti i punti dell’accusa.
Ma poche ore dopo tre agenzie federali (dipartimenti della Giustizia, degli Interni, dell’Esercito) del governo americano hanno sollecitato la compagnia a interrompere volontariamente i lavori.
L’esercito in particolare ha negato il permesso di costruire l’oleodotto su un terreno di sua proprietà: in questo modo, di fatto, si è schierato dalla parte dei nativi.
E non solo.
Nel comunicato, le 3 agenzie sottolineano la necessità di rispettare i diritti delle tribù native e propongono un processo decisionale partecipato in cui queste abbiano voce in capitolo.
Insomma, per i Sioux è una vittoria su tutta la linea.
Fonte & lettura integrale: Acqua bene comune: i Sioux bloccano i giganti del petrolio