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Il tempo che ti piace buttare, non è buttato. (J. Lennon)

Un libro: Essere una macchina

Questo libro è un viaggio straordinario, proprio nel senso in cui lo erano quelli di Jules Verne. Tutto quanto O’Connell racconta sembra frutto di una fantasia vagamente allucinata. Solo che non lo è.

I cilindri d’acciaio nel capannone criogenico vicino all’aeroporto di Phoenix contengono davvero i primi corpi umani in attesa di risvegliarsi in un futuro simile all’eternità. Ray Kurzweil, uno dei cervelli di Google, inghiotte davvero 150 pillole al giorno, convinto di vivere almeno fino a 120 anni.

Elon Musk o Steve Wozniak sono serissimi quando sostengono che di qui a poco la nostra mente potrà essere caricata in un computer, e da lì assumere una quantità di altre forme, non necessariamente organiche.

Sì, il viaggio di O’Connell fra i transumanisti – fra quanti sostengono che nella singolarità in cui stiamo entrando i nostri concetti di vita, di morte, di essere umano andranno ripensati dalle fondamenta – porta molto più lontano di quanto a volte vorremmo.

Regala sequenze indimenticabili, come la visita alla setta di biohacker che tentano di trasformarsi in cyborg. E apre uno dei primi, veri squarci sulla destinazione di una parte degli immani proventi accumulati nella Silicon Valley.

Che possibilità reali abbiamo di vivere mille anni? chiede a un certo punto O’Connell a un guru del movimento, Aubrey de Grey. “Qualcosa più del cinquanta per cento” si sente rispondere. “Dipende dall’entità dei finanziamenti”.

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Questa voce è stata pubblicata il 13 febbraio 2019 da in L'angolo dei libri - Le nostre segnalazioni con tag , , , .
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