C’è un particolare incidente che si rivela più disastroso degli altri: quello in cui uno degli «attori» viaggia con l’auto in contromano. In tal modo, il disastro arriva a una velocità somma delle due velocità delle vetture.E il risultato è facile da immaginare. L’Osservatorio il Centauro-Asaps continua a monitorare il fenomeno del contromano stradale, grazie a stringhe di ricerca sempre più affinate: e ai risultati cui siamo arrivati va ascritto anche il crescente ruolo dei referenti sparsi su tutto il territorio nazionale e alla ricerca puntigliosa degli episodi di cronaca.
Tra gennaio e giugno di quest’anno, abbiamo preso in considerazione 97 episodi, tutti accuratamente documentati in uno speciale report, 9 dei quali mortali (9,3%), con 13 vittime. Ben 70 veicoli contromano (72,2%), la maggior parte dei quali generati in contesti di viabilità a senso unico di tipo ordinario (in larga parte urbana), sono stati bloccati dalle forze di polizia, scongiurando conseguenze in ordine a mortalità e lesioni gravi. È questo un punto molto importante della ricerca, perché dimostra che se in 70 casi le conseguenze di tipo letale o comunque grave sono state evitate, restano solo 27 eventi caratterizzati da dinamica di tipo maggiore sui quali concentrare l’analisi della lesività: dei 27 impatti contromano, come si è visto, 9 sono risultati mortali (con 13 vittime).
Lo scenario più pericoloso, per questo tipo di fenomeno, resta la strada con carreggiata separata, quella cioè nel quale il contromano prosegue più a lungo rispetto alla semplice invasione della corsia opposta o vietata che viene registrata sulle arterie ordinarie: per la prima volta, però, gli eventi rilevati su viabilità ordinaria superano quelli di tipo autostradale. Parliamo di 54 episodi (55,7%) contro 43 (44,3%), ma il confronto con letalità ed eventi con il primo semestre 2008 parla chiaro: al di fuori dell’autostrada il fenomeno è in crescita. E in 33 eventi (34%) è stata accertata l’ebbrezza dei conducenti. Se viaggiare contromano è pericoloso, lo è quindi ancora di più guidare dopo aver bevuto o, peggio ancora, dopo essersi drogati.
La sicurezza stradale non è un optional, è un dovere che ogni Paese deve perseguire per diminuire il tragico contributo di sangue che ogni anno automobilisti, moto-ciclomotoristi, ciclisti e pedoni sono costretti a pagare. Per propria colpa o, forse di più, per colpa altrui. Le iniziative dei nostri governi (tutti, senza distinzione di colore) per propagandare la sicurezza stradale sono troppo «leggere» rispetto a quanto si fa in Inghilterra, Francia, Portogallo, Spagna, Australia. Basta comparare i filmati che proponiamo per rendersene conto.
Gli spot per la sicurezza stradale utilizzati in altri paesi sono stati raccolti e (alcuni) messi in onda sul sito dell’Asaps. «Si tratta di filmati duri, alcuni dei quali sconsigliabili per le persone troppo sensibili – dice Giordano Biserni, presidente dell’Asaps -. In Italia, nella guerra per la sicurezza stradale che conta numeri da brivido fra morti e feriti, continuiamo a sparare proiettili fatti di batuffoli di cotone. Gli altri paesi anche del centro e nord Europa vanno dritti, duri, implacabili con spot che sono una fucilata al bersaglio delle coscienze» .
Giordano Biserni spiega che questa è la scelta più giusta, che quegli spot così hard, proiettati nelle televisioni e sale cinematografiche di tanti paesi che si battono per la sicurezza stradale, siano più efficaci di molti filmati soft adottati da noi. «La risposta è semplice – dice Biserni -. Le scuole di pensiero degli specialisti della comunicazione sono divise, quindi noi non sappiamo quale sia la scelta più giusta. Però sappiamo una cosa: gli spot più duri vengono proiettati in paesi come il Portogallo, la Francia, la Spagna e l’Inghilterra, guarda caso quelli che dal 2000 in poi hanno ottenuto i migliori e più clamorosi risultati per la sicurezza stradale.
Si dirà: solo grazie agli spot? Certo che no! Grazie anche a ben altre misure che si chiamano controlli frequenti, leggi severe applicate con fermezza con la certezza della sanzione e non, come da noi, con la certezza del ricorso. Poi ci sono anche gli spot. Quei paesi, intanto, si raggiungerà il traguardo del calo del 50% degli incidenti e delle vittime entro il 2010, anche con il contributo di quegli spot». Spot che i nostri vernanti farebbero bene a utilizzare e a produrre anche in casa nostra. Cominciando anche a pensare ai controlli.
Leggi severe le abbiamo, anche in Italia. Questo è certo. Ma non abbiamo un numero sufficiente di agenti per farle rispettare. Gli addetti sono 11.900, circa 1.800 in meno di quanto stabilito tempo fa dai decreti. E, questo è certo, la presenza di un’auto bianco-blu scoraggia i malintenzionati più di ogni altro deterrente. Fra il personale della Polstrada si è già creata una situazione di grande disagio. Al punto che un comunicato del Sap (Sindacato autonomo di polizia), pubblicato sull’edizione forlivese del Resto del Carlino, spiega che la Sottosezione Polizia Stradale A/14 (una delle autostrade più trafficate d’Europa) rischia il collasso per carenza di personale.
Gli agenti della Polstrada hanno età media elevata, i concorsi non si fanno da tempo per ripianare i pensionamenti, i reparti sono a corto di personale, sui mezzi c’è una stretta. «Ma la più spiacevole sensazione – conclude il comunicato del Sap – è quella che, nell’agenda politica italiana, ancora una volta, alla voce Sicurezza, si sia scelto di dare risposte demagogiche e di facciata: vedi per tutti il tanto discusso provvedimento sulla sicurezza, che ha introdotto le Ronde e l’utilizzo dei Militari». E non è solo Forlì a denunciare il disagio della Stradale.
Altre realtà segnalano la disattenzione verso una specialità importante della Polizia di Stato. A Verona, per esempio, sembra che almeno una dozzina di agenti abbia chiesto di lasciare la Stradale. Perché. « I professionisti della sicurezza stradale sentono una situazione generalizzata di sfiducia e di isolamento rispetto all’attenzione che meriterebbero – conclude Biserni -. Così cercano sistemazioni meno esposte al disagio».
Nestore Morosini – http://www.corriere.it