Una segnalazione tardiva oserei dire, in quanto avevo letto tempo fa di questo libro, ma al momento non avevo nessuna voglia di un‘operazione nostalgia, infatti domenica sera quando abbiamo visto Guccini intervistato da Fazio a Che tempo che fa, Ro-K mi aveva chiesto se sabato avessi visto questo libro durante la nostra incursione alla Feltrinelli. Come detto, le ho risposto che sapevo della sua uscita, ma non mi interessava molto.
Se non fosse che il racconto sulla maglia di lana paragonata ad un cilicio, fatto da Guccini, mi ha divertito molto, l’accenno al tubetto del dentifricio mi è scivolato addosso, perchè il mio tubetto si arrotola ed è spremibile fino all’ultima goccia, ma ad un certo punto ha parlato della siringa…
Ed allora il racconto della Signora che faceva le punture, nel mio caso un’anziana signora, di nome Rina, della siringa di vetro, del bollitore e delle chiacchiere fra la mamma e la Signora, mentre tu aspettavi il momento dell’iniezione, e soprattutto l’ago, assolutamente doloroso (altro che Già fatto?) tanto che nel momento in cui entrava faceva Crunch…
Nonostante la differenza di età con Guccini (a mio vantaggio 😉 ), resta il fatto che in pochi minuti mi è passata davanti agli occhi l’infanzia, incluso l’accenno al Flit …
Ero convinto che sarei rimasto fedele al Guccini scrittore dell’ottimo Malastagione, ma forse acquisterò anche questo…
Una volta, c’era la banana: non il frutto amato dai bambini, bensì l’acconciatura arrotolata che proprio i bimbi subivano e detestavano ma che veniva considerata imprescindibile dai loro genitori. I quali, per bere un buon espresso, dovevano entrare al bar e chiedere un “caffè caffè”, altrimenti si sarebbero trovati a sorbire un caffè d’orzo.
Una volta, per scrivere, non c’erano sms o e-mail, ma si doveva dichiarare guerra ai pennini e uscire da scuola imbrattati d’inchiostro da capo a piedi. Una volta, si poteva andare dal tabacchino, comprare una sigaretta – una sola – e fumarsela dove meglio pareva: non c’erano divieti, e i non fumatori erano una gran brutta razza.
Una volta, i bambini non cambiavano guardaroba a ogni stagione, andavano in giro con le braghe corte anche d’inverno e – per assurdo contrappasso – col costume di lana d’estate. Una volta, la Playstation non c’era, si giocava tutto il giorno per strada e forse ci si divertiva anche di più. Una volta, al cinema pioveva…
Con un poco di nostalgia, ma soprattutto con la poesia e l’ironia della sua prosa, Francesco Guccini posa il suo sguardo sornione su oggetti, situazioni, emozioni di un passato che è di ciascuno di noi, ma che rischia di andare perduto, sepolto nella soffitta del tempo insieme al telefono di bachelite e alla pompetta del Flit.
Un viaggio nella vita di ieri che si legge come un romanzo: per scoprire che l’archeologia “vicina” di noi stessi ci commuove, ci diverte, parla di come siamo diventati.
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Questo me lo compro..sicuro!!!