leggo su Altroconsumo
L’amministratore di sostegno è la persona che aiuta, ma per cose ben determinate, chi si trova in condizioni – anche solo temporanee – di infermità fisica o psichica. La persona assistita non fa perdere completamente la propria autonomia.
Prendiamo l’esempio di un anziano infermo, che non riesce più a gestire le quotidiane faccende burocratiche (come pagare le bollette e gestire la sua pensione) o di un disabile, che non può sbrigare le pratiche che riguardano la sua invalidità. O, ancora, di alcolisti, tossicodipendenti o persone colpite da ictus che non riescono ad amministrare le loro attività. Ma anche un malato terminale, che vuole affidare a una persona di fiducia le scelte sulle sue cure mediche.
In tutti questi casi, l’amministratore di sostegno è la scelta giusta: è infatti colui che potrà sostituirci oppure assisterci, facendo solamente ciò che è stabilito dal giudice, fin nei minimi dettagli. Una bella differenza rispetto a interdizione e inabilitazione, provvedimenti da prendere in casi più estremi, in cui tutto o quasi è nelle mani di un tutore oppure un curatore e la possibilità di decidere della persona assistita è davvero molto limitata. Con l’amministrazione di sostegno, invece, l’obiettivo è quello di intaccare il meno possibile la possibilità di agire definendo, caso per caso, l’aiuto di cui si ha bisogno.
Oltre alla flessibilità, uno dei vantaggi dell’istituto dell’amministratore di sostegno è la semplicità della procedura: non serve per forza un avvocato e, dunque, le spese sono contenute e i tempi, almeno sulla carta, sono abbastanza stretti: per legge, la pratica dovrebbe concludersi entro due mesi dalla presentazione della domanda, anche se non sempre è così e spesso i tribunali vanno un po’ a ruota libera.
Ecco, comunque, le tappe da seguire:
Oltre alla persona stessa che ha bisogno di assistenza, possono richiedere l’assistenza di un amministratore di sostegno il coniuge o il convivente, i parenti entro il quarto grado (genitori, figli, nipoti, fratelli, zii, cugini) gli affini entro il secondo grado (suoceri e cognati). Lo possono fare anche il pubblico ministero, il tutore o il curatore; i responsabili dei servizi sanitari e sociali che curano la persona sono obbligati a farne richiesta o a fare una segnalazione al pubblico ministero se vengono a conoscenza di fatti che lo rendono necessario.
A scegliere l’amministratore di sostegno è, innanzitutto, la persona stessa che ne ha bisogno. Ma se non si trova nelle condizioni di farlo e non lo ha fatto in precedenza, viene scelto – preferibilmente – tra i suoi familiari, secondo un certo ordine: il coniuge innanzitutto e, subito dopo, – apertura, questa, verso le coppie di fatto – la persona che stabilmente convive con lui, poi vengono i parenti entro il quarto grado. In alternativa, e se lo ritiene opportuno, il giudice può scegliere un’altra persona che considera idonea. Sono invece esclusi gli operatori dei servizi pubblici oppure i privati che hanno in cura la persona.