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Il tempo che ti piace buttare, non è buttato. (J. Lennon)

Un libro: Il Signore delle cento ossa

di Ben Pastorvenduto

Sellerio – Pagg. 396 – € 14,00 > lo vendo ad € 6,00  + spese spedizione

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Trama: Martin Bora è un ufficiale della Wehrmacht, qui cronologicamente agli albori della sua carriera investigativa. Bora è un gentiluomo di antica nobiltà guerriera, fascino tenebroso, amante sfortunato, temperamento di severità kantiana, ma soprattutto roso, fino al disagio fisico tangibile, dalla contraddizione che non sa risolvere.

Egli ha giurato obbedienza, e il codice d’onore gli vieta deroghe, ma cresce in lui la consapevolezza degli orrori dei nazisti, che disprezza per odio politico, per arroganza aristocratica, ancor più perché offendono il suo senso etico ed estetico.

La carriera di Bora nel controspionaggio è appena iniziata. Il compito è quello di accompagnare una trilaterale tedesco-nipponico-italiana, una conferenza di affari e di scambio di tecnologie militari. Ma è una copertura. La missione reale è di indagare attorno al “Signore delle cento ossa”, una spia che secondo una prima ipotesi si identifica nella persona di Ishiro Kobe, rigido generale giapponese.

Una mattina, andando a prelevare Kobe per una cavalcata, scopre la scena raccapricciante del primo omicidio. Nel bagno accanto, annegato nel sangue, l’aiutante Nogi. Sembra un delitto di onore, o di passione. Ma Bora si orienta diversamente: un terzo è penetrato nella stanza, l’assassino.

Tra mistificazioni, altri delitti, tradimenti, Martin Bora si inoltra negli ambienti lividi dove la guerra incombente favorisce intrighi come pozioni venefiche. E dove perderà la sua fiducia.

Letto da: Paolo

L’incipit: Il buio prendeva forma, se faceva attenzione. Aveva una qualità plastica di coesione e dissoluzione, si dilatava, esitava un istante e si ritraeva di nuovo in un nucleo di oscurità nell’oscurità. C’erano notti in cui Martin Bora amava l’insonnia proprio per questo avvicendarsi di forme, per questa mutabilità.

Opinione personale: Non leggo i libri di Ben Pastor alla ricerca dell’azione e della tensione, tuttavia a tratti ho trovato questo romanzo un pò noioso; la colpa, se così vogliamo chiamarla, è da attribuire però al fatto che la maggior parte della vicenda si svolge durante questo incontro trilaterale e la parte deduttiva prende il sopravvento, ma senza permettere al lettore di trovare il bandolo della matassa o, perlomeno, di provarci. Si va a tentoni, così come accade a Bora.

D’altro canto, leggo i libri di Pastor per leggere di Martin Bora, un personaggio che mi ha conquistato da subito, fin dal racconto Il giaciglio d’acciaio (vedi sotto).

In questo romanzo conosciamo il giovane Bora, tenente nella Germania del ’39, a qualche mese di distanza dall’inizio della guerra, la cui vicinanza è ben chiara a Martin che quasi la invoca, anche se dalle note scritte sul suo diario alla fine dell’indagine, si intravede il Bora che sarà di lì a qualche mese: “La guerra è imminente, e sarà la Polonia. Ci entrerò con la coscienza che nessuno di noi, in ultima analisi, ha il controllo sulla vita e sulla morte: nemmeno uccidere migliaia di persone significa averlo. Solo Dio, come recita il nostro Memoriale, garantisce la vita e la vittoria – o sceglie di non farlo.”

Siamo agli inizi del percorso di Bora, vittima consapevole di una notevole contraddizione che oppone la tipica rigidità del militare di carriera alla mente brillante ed acuta, ma soprattutto ad un personaggio che ha una coscienza, un’etica morale che lo guida e che sembra essere fuori posto dato che lavora anche per lo spionaggio militare, dove la doppiezza regna sovrana.

Verso la fine c’è una notevole accelerazione degli eventi  e solo la conversazione con la persona che accompagnerà a Lipsia, chiarirà al meglio gli eventi che hanno complicato lo svolgersi della vicenda.

Ci sono libri dove le ultime righe possono dire molto più di un’esauriente sinossi: “All’apice della parabola del breve volo cominciò la discesa verso Berlino; presto si sarebbero tuffati di nuovo nel turbolento strato di nuvole, un passaggio più che metaforico alla confusione e all’ombra. Si abbassarono, come le immagini galleggianti che Bora aveva visto notte dopo notte senza capirle. Non chiuse gli occhi solo perchè il colonnello Kinzel lo stava osservando. Cosa si prova a perdere la virtù? E’ come scendere un pò alla volta, in questo modo? E la caduta si attenua, se non la guardi?

di Ben Pastor ho letto anche: Lumen – Il giaciglio d’acciaio (presente nel libro Un Natale in giallo)

2 commenti su “Un libro: Il Signore delle cento ossa

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Questa voce è stata pubblicata il 2 luglio 2013 da in L'angolo dei libri - Le nostre segnalazioni con tag , , , , .
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