questo è l’inizio di un articolo scritto, a fine giugno, da Claudio Schirinzi e che puoi leggere integralmente cliccando QUI
Di quella sera d’estate di vent’anni fa il ricordo più vivo è il boato dell’esplosione. Un botto secco, cupo, spaventoso. Diverso dal rotolare del tuono, diverso dal fragore festoso del colpo che chiude i fuochi artificiali.
Un boato subito inquietante, prima di capire, prima di sapere. Da via Palestro attraversò la città lungo percorsi misteriosi: in alcuni palazzi relativamente vicini non fu quasi avvertito, in altri, a chilometri di distanza, arrivò portando quasi amplificato il suo terrificante e oscuro messaggio.
Il ricordo di Schirinzi è il mio ricordo infatti molte delle parole che mi vengono in mente, sono le stesse.
Quella sera ero sul balcone quando ho dapprima visto un lampo di luce arancione e, prima ancora che riuscissi a fare mente locale, sentii il botto, cupo.
Non era il tempo in cui a casa avevi un computer, il web o altro. Fu necessario aspettare la mattina per capire cosa fosse successo, per andare in edicola a comprare il giornale.
E mano a mano che proseguiva la lettura, capire la ferita che era stata inflitta alla città, da una mano criminale, ma capire anche che nel momento in cui ci fu quel lento lampo di luce, che sembrava ingrandirsi al rallentatore, in quel momento erano morte cinque persone.
Sono passati anni, da allora, domani saranno vent’anni, ma quel ricordo, quella luce, quel botto, sono stampati nella mia memoria.
Immagini, suoni, pensieri, incancellabili.
Ed un certo senso di paura che ti assale, perchè nel momento in cui un criminale decide, a tavolino, di piazzare 90 kg. di tritolo in un’auto per colpire, non un giudice, ma un simbolo della cultura, della città e, già che ci siamo, delle persone innocenti che lavorano, stanno su una panchina o passano di lì… ecco quando uno può fare questo, può fare qualsiasi cosa.
Ed è un senso di paura sottile ed infido, ben diverso da quello che, ad esempio, c’era andando a scuola a metà anni ’70, in un Istituto tecnico a dir poco bollente, dove gli allarmi bomba erano quasi quotidiani, dove stazionava perennemente la Fiat con due della Digos e dove fra molotov e spranghe ne vedevi di tutti i colori.
Ed ogni tanto ci scappava il morto, in una fazione o nell’altra. Tuttavia erano situazioni alle quali per assurdo, ti abituavi, diventavano quasi normali, bastava stare attenti a come e dove muoversi.
Ma un’autobomba in centro città…
Intervento dei vigili del fuoco dopo la prima esplosione. Il Pac è ancora integro. I pompieri lavoreranno per più di 5 ore nel tentativo di spegnere l’incendio.
In questo momento tre dei loro colleghi, che facevano parte della prima squadra arrivata in via Palestro, sono già morti: stavano controllando il fumo che usciva dall’auto quando la Fiat Uno, imbottita di tritolo, è saltata in aria (foto Gabinetto Regionale di Polizia Scientifica per la Lombardia)
All’alba, gli agenti della Polizia Scientifica salgono sui «cestelli» dei vigili del fuoco e documentano dall’alto i danni al Padiglione d’Arte Contemporanea (foto Gabinetto Regionale di Polizia Scientifica per la Lombardia)
Un ricordo delle vittime…
Alessandro Ferrari – Vigile urbano nato a Gandino, in provincia di Bergamo, il 19 ottobre 1963. La sua pattuglia è stata la prima ad arrivare in via Palestro
Sergio Pasotto – Vigile del fuoco nato a Milano il 27 luglio del 1959, uomo d’esperienza, faceva da chioccia alla squadra. Morì il giorno del suo compleanno
Stefano Picerno – Vigile del fuoco nato a Terni il 12 settembre 1956, era appena tornato dal viaggio di nozze. Un rientro in anticipo, per far partire in ferie il caposquadra
Carlo La Catena – Vigile del fuoco nato a Napoli il 14 novembre 1967, aveva iniziato il corso da «permanente» a febbraio. Era a Milano solo da un mese
Driss Moussafir – Nato nel 1949 a Beni Hilal, in Marocco. A Milano dal 1982, ambulante, aveva un banchetto nel parco. Quella sera dormiva su una panchina.
Fonti: i miei ricordi e lo Speciale del Corriere
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Oddio ne ho solo un vago ricordo