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Sacchetti ecologici finti: indagini di Guariniello e dei NAS

un articolo di Luca Foltran che leggo su Il Fatto Alimentare che una volta di più attesta l’abitudine di emettere regolamenti, norme e leggi e poi … tutto continua ad andare per la sua strada.

Vedi anche il divieto di utilizzare cartone riciclato (tossico per il rilascio di piombo) per le scatole della pizza, ma in ogni caso sul cammino zoppicante dell’abolizione dei sacchetti di plastica se ne sono lette tante. (vedi link in calce all’articolo).

Eppure siamo sempre lì a fare un passo avanti e due furbate indietro… 😦

Per quel che mi riguarda, sono andato a verificare alcuni sacchetti che ho in casa.

Da Naturasì i sacchetti sono in carta riciclata ed ottenuta dai Tetrapak; i sacchetti del reparto frutta, dove ci si serve da soli, sono compostabili e marcati Vincotte. Anche i sacchetti Esselunga sono marcati Vincotte e sono un più resistenti di quelli di Coop e Naturasì.

Ho trovato inoltre diversi sacchetti, provenienti da un piccolo negozio di merceria, con la scritta Biodegradabile, ma senza nessun marchio se non ECM biodegradabile, integrato dal marchio PE-HD ed alla noma di legge 92/62.

imagesSu un sito dove vendono sacchetti di questo genere (Agg. 04.01.2017: ora sono fuori produzione), avevo trovato sacchetti identificati come shoppers ECM biodegradabili con la seguente descrizione:  Il sacchetto in Mater-Bi è biodegradabile e conforme alla normativa europea 13432.

Se non fosse che il PE-HD identifica il Polietilene ad alta densità molecolare, ovvero cosa ben diversa dal Mater-Bi che è una bioplastica.

Resta il fatto che se la plastica fosse biodegradabile non sarebbe stato necessario girare il documentario Trashed. 😉

Ed infatti questo rifiuto, come confermato dall’Amsa,  deve essere gettato nella plastica.

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Infine alcune informazioni tratte da Wikipedia: La norma EN 13432 colma alcune lacune della precedente direttiva 94/62/CE. Infatti prima era possibile creare confusione e incomprensioni riguardo ai termini compostabile e biodegradabile.

Un esempio di queste incomprensioni è il sacchetto in polietilene riportante il marchio “biodegradabile”.

Questi sacchetti sono realizzati con polimeri ai quali sono aggiunti additivi contenenti metalli pesanti che favoriscono la rottura del materiale in pezzetti.

Tuttavia il materiale non si degrada completamente, infatti rimane visibile nell’eventuale compost. Inoltre i metalli pesanti sono tossici, per cui devono avere una concentrazione molto bassa all’interno del materiale.

Un esempio di questi additivi metallici è il cobalto, presente ad esempio in alcuni prodotti con concentrazioni di 4000 mg/kg.

Dopo la decomposizione il cobalto verrebbe rilasciato nell’ambiente con le conseguenze descritte nella direttiva 67/548/CE per le sostanze pericolose.

Nella fattispecie si tratterebbe di un elemento ecotossico, persistente e bioaccumulativa CMR (Carcinogenica, Mutagenica e tossica per la Riproduzione).

* * *

un articolo di Luca Foltran

In Italia circola una quantità enorme di sacchetti presentati come biodegradabili, che in realtà non lo sono. È questa la denuncia di Assobioplastiche, raccolta a Torino dal pubblico ministero Raffaele Guariniello.

I primi risultati dell’indagine giudiziaria, svolta di concerto con i carabinieri del Nas, hanno confermato i sospetti dell’associazione ed è stato così aperto un fascicolo per frode in commercio.

Si tratterebbe di una truffa perpetrata ai danni dei cittadini e dei commercianti onesti che il pm sta affrontando identificando i responsabili delle aziende produttrici e i distributori che propongono false buste ecologiche.

L’attenzione delle autorità è focalizzata soprattutto sui sacchetti dati ai clienti dai negozianti o dai piccoli market e solo in qualche caso dai supermercati…

continua la lettura QUI > Sacchetti ecologici finti: indagini di Guariniello e dei NAS — Il Fatto Alimentare.

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* * *

Suggerisco la lettura integrale dell’articolo, ma pubblico la tabella con i simboli dei sacchetti autorizzati e non in modo da poter fare le verifiche del caso.

 

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