Nulla di nuovo per i lettori abituali del Blog, tuttavia meglio insistere, che molti ancor oggi “cadono dalle nuvole” quando parli di certe tematiche … ed altri ovviamente, seguono la filosofia nazionale che si basa sul “ma che ci frega?”
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Coloranti allergenici, cancerogeni, ftalati, ammine aromatiche, metalli pesanti, tra cui piombo e formaldeide.
Di cosa si tratta? Di siti inquinati? Di produzioni chimiche? Macché? Stiamo parlando dei nostri vestiti.
Cappellini, magliette, pantaloni, camicie, ma anche biancheria da letto, foulard, la lista è lunghissima, tutti capi che Patti chiari ha acquistato nei negozi della Svizzera italiana e nei mercati, con un unico obiettivo: verificare come sono stati prodotti e soprattutto cosa contengono.
L’allarme nel mondo della moda è stato lanciato in più occasioni: diverse le marche, anche famose, finite sotto accusa.
Per produrre i loro capi, e trattare i tessuti, troppo spesso i produttori utilizzano sostanze tossiche, che finiscono a contatto col nostro corpo e si disperdono nell’ambiente. Sostanze capaci di alterare il sistema ormonale e di inquinare le acque.
Sotto accusa in particolare c’è il “made in Cina”, ma non solo, e Patti chiari ha scoperto che anche i tanto decantati marchi con cotone biologico non rappresentano certo una garanzia.
Ma il consumatore come può difendersi? Come orientarsi nella giungla delle etichette e certificazionii?
Quali le marche coinvolte e quali negozi ci hanno venduto capi di vestiario con sostanze tossiche pericolose?
E poi, ci sono alternative per una produzione pulita? La risposta è sì, ma a costi più alti. E allora chi è disposto a pagare di più per acquistare prodotti etici ed ecologici?