Il Giorno della Memoria è passato da mesi, una giornata piena di retorica per alcuni, ma un passaggio importante da fare per tenere alta l’attenzione anche se tempo che una volta di più l’umanità dimostri di non avere imparato nulla.
E quindi saremo destinati a rivivere le atrocità del passato, sotto altre bandiere, con altre motivazioni, ma il significato della parola genocidio è unica ed inequivocabile: delitto di chi tenta di sterminare, con metodi organizzati, un intero gruppo etnico o religioso.
Trovo molto interessante l’iniziativa di Memorie d’inciampo di cui ho letto tempo fa; in tutta Europa vi sono 22.000 installazioni che ricordano le vittime, che siano militari o vittime di razzismo o di deportazione politica.
Le informazioni le potete trovare direttamente sul sito, ma ecco cosa scrivono per presentare il progetto:
Memorie d’inciampo a Roma è un progetto artistico animato da ragioni etiche, storiche e politiche. Nel 1990, al cospetto di una signora che nega che a Colonia nel 1940 siamo stati deportati 1000 sinti come prova generale per gli ebrei, l’artista tedesco Gunter Demnig decide di dedicare il suo tempo e il suo impegno alla memoria di tutti i deportati, razziali, politici e militari, in tutto il mondo.
Escogita una soluzione di sorprendente discrezione: un semplice sampietrino, come i tanti che pavimentano le strade delle nostre città, reca incisi, sulla superficie superiore di ottone lucente, pochi dati identificativi: nome e cognome, data di nascita, data e luogo di deportazione, data di morte in un campo di sterminio nazista.
E’ collocato sul marciapiede prospiciente l’abitazione dei deportati: da lì sono stati prelevati, strappati agli affetti e agli studi, per essere deportati e uccisi senza ragione, seppelliti in fosse comuni, privando così i superstiti e i loro discendenti persino di un luogo dove ricordarli. Nella loro casa tornano ora, con dignità di persone, per essere ricordati dai familiari, dagli inquilini del palazzo, dai tanti cittadini che ogni giorno transitano lì davanti.
Pensare di collocare tanti sampietrini quanti sono i deportati è impresa titanica: Demnig ha il merito di aver avviato il progetto nel 1993 e di dedicare a esso tutto il suo tempo e la sua attività di artista. Oggi gli Stolpersteine (pietre d’inciampo) sono già 22.000, in 7 paesi europei. Il 28 gennaio 2010 anche l’Italia è entrata a far parte di questo grande circuito della memoria. 30 sampietrini, dedicati a ebrei, politici e carabinieri, sono stati installati in sei quartieri di Roma.
Sì: è una iniziativa lodevole e meritoria, che contribuisce a rafforzare il senso della memoria che, per fortuna, chi cammina con sguardo attento lungo le strade di Roma può afferrare in tante lapidi commemorative.
Questi sanpietrini in ottone, però, in qualche modo riescono a catturare l’attenzione anche di chi va di fretta ed è poco attento verso ciò che lo circonda. Probabilmente per il loro essere elementi insoliti che ci si ritrova “tra i piedi” inaspettatamente.
Inaspettatamente come, purtroppo, non era per chi durante l’occupazione nazista ha vissuto a Roma nascondendosi per cercare di sfuggire a deportazioni fin troppo “attese” senza capirne un perché che non poteva e doveva mai esserci.
Nei pressi di casa mia, queste “pietre d’inciampo” si possono incontrare davanti al maestoso portone di una delle varie grandi caserme che caratterizzano il quartiere Della Vittoria, conosciuto anche come “Piazza d’Armi” proprio perché era la cittadella militare edificata dai Piemontesi all’indomani dell’Unità d’Italia e della proclamazione di Roma come capitale del Regno.
Da quella caserma furono prelevati centinaia di carabinieri per essere condotti ai campi di sterminio: una serie di pietre d’inciampo ne ricorda la cifra totale e alcuni nomi simbolicamente.
Per quanto ricordo ora: altre pietre d’inciampo le ho vedute su via Flaminia, nei pressi di Piazzale Flaminio.