un articolo di Roberto La Pira che leggo su Il Fatto Alimentare
Gli Italiani vogliono sapere da dove viene il grano utilizzato per produrre la pasta, considerata un prodotto simbolo del “made in Italy”.
Quando si risponde che viene preparata con grano duro di ottima qualità importato da paesi come Ucraina, Canada, Stati Uniti, molti consumatori strabuzzano gli occhi, perchè pensano erroneamente che non sia di buona qualità.
Se poi si aggiunge che la nostra pasta è così buona proprio perchè contiene grano importato lo stupore aumenta.
Il Fatto Alimentare ha invitato Barilla, Agnesi, De Cecco, Del Verde, La Molisana, Granoro, Garofalo e Divella a riportare sull’etichetta della pasta l’origine del grano duro anche se si tratta di un’indicazione non prevista.
Per capire meglio la nostra richiesta va ricordato che la legge permette ai produttori di riportare sulla confezione la frase “made in Italy”, perché la trasformazione del grano duro in semola e la fase di produzione della pasta avvengono in Italia.
in sintesi la risposta di Barilla: Barilla cerca di usare quanto più possibile grano di provenienza locale per motivi di convenienza economica e sostenibilità ambientale (circa l’80% del grano usato per produrre pasta Barilla in Italia è grano italiano). All’inizio di quest’anno, il Gruppo Barilla ha firmato due accordi per valorizzare il patrimonio agricolo e ambientale italiano, uno di filiera e uno tra le filiere.
Il primo, insieme alla Regione Emilia Romagna e le organizzazioni dei produttori di grano duro per 90mila tonnellate, punta a ottenere una materia prima di alta qualità dando premi agli agricoltori che forniscono il frumento migliore.
Questo tipo di accordo è ormai giunto all’ottava edizione. Il secondo, con il leader nazionale dello zucchero CO.PRO.B, è un’intesa apripista in Italia che riprende metodi agricoli tradizionali, come la rotazione delle colture, per ottenere una terra più fertile, consentendo una resa migliore, costi minori per i produttori e un impatto ambientale più contenuto… …clicca QUI per leggere la risposta integralmente
In sintesi la risposta di Divella: Le indicazioni da riportare in etichetta devono precisare l’origine della miscela dei grani da cui, sapientemente, si ottiene la semola adatta alla produzione con livello qualitativo alto, che il consumatore si aspetta dalla pasta a marchio Divella.
Miscele, però, che essendo composte da grani nazionali (50/60%), canadesi, australiani e americani non sempre sono disponibili in uguale proporzione proprio in relazione ai vari approvvigionamenti e, quindi, possono durare per circa due mesi di produzione.
Deriva, quindi, la modifica delle miscele con consequenziale modifica delle etichette e con quali imballi non conoscendo, a priori, l’esatta miscela? Per ottenere gli imballaggi (cellofan al 95 per cento), occorrono dai tre ai sei mesi e allora come è possibile disporre di imballaggi aggiornati?
La F. Divella produce e confeziona, giornalmente, 2.400.000 pacchetti di pasta e non disponendo conseguentemente di imballi aggiornati dovrebbe fermare obbligatoriamente la produzione. Ancora, è noto, che il grano nazionale non è sufficiente … clicca QUI per leggere la risposta integralmente
In sintesi la risposta di De Cecco: Ciò che la norma vieta è la “fallace indicazione dell’uso del marchio, con modalità tali da indurre il consumatore a ritenere che il prodotto o la merce sia di origine italiana […] senza che gli stessi siano accompagnati da indicazioni precise ed evidenti sull’origine o provenienza estera o comunque sufficienti ad evitare qualsiasi fraintendimento del consumatore sull’effettiva origine del prodotto”.
Ma sull’etichetta De Cecco non sono presenti indicazioni di tipo fallace, perché la scritta è semplicemente “Made in Italy” (che vuol dire “Prodotto in Italia”, e che per un prodotto trasformato è sinonimo di “Trasformato in Italia”), non invece “100% italiano” e nemmeno “prodotto italiano”.
Inoltre, non vi è un uso del tricolore associato ad immagini tali da poterlo associare all’origine delle materie prime, giacché esso non viene associato a spighe di grano, e/o a disegni tipicamente evocativi dell’Italia o di una sua regione. Da una bandiera e dalla scritta “Made in Italy” non si può desumere che il grano sia italiano, ma si desume semplicemente che il prodotto è italiano, come è vero … clicca QUI per leggere la risposta integralmente
In sintesi la risposta di Granoro: Il pastificio Granoro, si è fatto già promotore di un’importante iniziativa a livello regionale, volta proprio alla valorizzazione e alla sostenibilità della produzione di grano duro di qualità, attraverso un importante accordo di filiera con gli agricoltori del tavoliere della Coperativa Fra’Coltivatori di Apricena ed il Molino De Vita di Castelvecchio della Daunia.
L’Accordo di Filiera, chiamato “Granoro Dedicato alla nostra terra”, ormai al terzo anno di coltivazione, si pone come primo obiettivo quello di incentivare e sostenere, attraverso l’erogazione di premi legati alla qualità del grano, gli agricoltori pugliesi a produrre grano duro di qualità superiore dal quale ottenere una pasta di qualità. Il risultati fin’ora sono stati più che soddisfacenti.
In merito infine all’indicazione dell’origine del grano duro sulle confezioni, posto che non si può prescindere da una carenza produttiva di grano duro italiano e nel pieno rispetto dei consumatori che legittimante rivendicano maggiore trasparenza, Granoro, oltre ad indicarlo già sul proprio sito internet, sarebbe orgogliosamente favorevole proprio perché tale indicazione darebbe evidenza delle proprie capacità di selezione e scelta. … clicca QUI per leggere la risposta integralmente
la risposta di Garofalo: Garofalo sottolinea il concetto di qualità, che va ben oltre la provenienza italiana. Per un’ottima pasta è necessario scegliere i grani migliori, indipendentemente da dove provengano, senza transigere sulle garanzie di salubrità e di controllo.
la risposta di Molisana: Troviamo sul loro sito la risposta al quesito: per ottenere un prodotto che sia tenace, con un alto valore proteico e un apprezzabile indice di giallo, è necessario miscelare sapientemente diverse varietà di grano duro, in gran parte italiano, con ottima tenacità, e in parte estero (prevalentemente statunitense, canadese o australiano).
È intuibile che un’azienda come la nostra, che opera nel sud Italia a 50 Km dalla zona maggiormente vocata alla produzione di grano duro, storicamente il Granaio d’Italia, utilizzi in prima istanza il miglior grano molisano-pugliese e successivamente, in mancanza dello stesso, si rivolga ad altre zone limitrofe di produzione e in ultima istanza si diriga dovunque si trovi la miglior qualità di grano duro al mondo.
È noto che la produzione di grano duro in Italia non è sufficiente (da meno 20% a meno 50% a seconda delle stagioni), per cui è indispensabile acquistare la differenza in altre zone del mondo.
I commenti sono chiusi.
Di produttori che indicano CHIARAMENTE la provenienza dei grani, da quanto è dato di sapere, ce ne sono pochissimi. Uno è Sole Etrusco di Cerveteri – Rm che ne ha fatto il proprio motivo di esistenza, infatti da quello che si legge sul sito sono nati per valorizzare i grani locali (comprensorio Cerveteri-Tarquinia) http://www.soleetrusco.it/grano/
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io prendo quasi sempre barilla o conad trovo giusto che venga indicata la provenienza del grano