di Paolo Pinna Parpaglia
Newton Compton – Pagg. 320 – € 10,00 > lo vendo* ad € 4,00 + spese spedizione
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Trama: Quirico, Gabriele, Christian ed Enrico, liceali spensierati, marinano la scuola e si introducono furtivamente nell’obitorio dell’ospedale cittadino. La visione di una donna morta, nuda e fredda, sarà uno spettacolo che non riusciranno a scordare mai più, per il resto della loro vita.
Dodici anni dopo, Quirico riceve un telegramma dal carcere: Enrico, l’amico di una vita, è accusato dell’omicidio di un’alunna e lo nomina suo difensore.
Si prospetta un processo lungo e difficile e Quirico, giovane avvocato senza esperienza, timido e insicuro, vorrebbe rifiutare l’incarico. Ma alla fine non potrà che accettare perché è troppo legato a Enrico e perché, al di là delle schiaccianti prove di colpevolezza, c’è una verità antica e scomoda che potrebbe emergere.
Una verità inconfessabile e terribile che segnerà l’inizio di una vicenda giudiziaria lunghissima. Ma nessuna sentenza potrà mai essere in grado di scacciare i fantasmi del passato.
Letto da: Paolo
Opinione personale: Questo libro lo ha acquistato Rok durante la quarantena, tuttavia la trama era d’interesse anche per me che infatti l’ho letto per primo.
Premetto che la mia opinione non si riferisce alla scrittura, ma alla trama; i primi capitoli non mi sono piaciuti molto, perchè in realtà non mi piaceva il personaggio di Quirico; inesperienza forense a parte, che in ogni caso ha il suo peso nello svolgersi della trama, ha un carattere che certamente non conquista.
Con il proseguo della lettura l’approccio di Quirico al processo è migliorato rendendo la lettura più piacevole e così si è mantenuta fin quasi alla fine.
Non mi è piaciuto il finale in sè e neanche quello della vicenda parallela legata al testamento di Zia Gratzia, ma non posso commentare ulteriormente senza far capire che cosa succeda, per cui mi fermo qui; in ogni caso avrei gradito un Epilogo che magari rimettesse a posto le cose.
Per quanto riguarda il libro in sè, nella mia classifica personale gli assegno un Medio.
Nota a margine: Durante i colloqui con Zia Gratzia ci sono esclamazioni e frasi in sardo che non sono state tradotte con delle note in calce, tranne che in alcuni casi.
Ad esempio che cosa significa quel bellixe’ che viene usato spesso? E fogu dhu bruxiri?
Non lo so e neanche l’ho trovato online.
E lo trovo seccante, in quanto come già detto in occasione di altre situazioni simili, se la frase in lingua o dialetto originale è funzionale al testo (ad esempio: un gioco di parole intraducibile, ma spiegato a margine) mi sta bene, però ricordiamoci che i libri non sono mica dei dvd, non ci sono i sottotitoli e quindi se il lettore non le capisce, di fatto gli manca un pezzo di dialogo.
Nota integrativa: Ho avuto il piacere di ricevere un’email dall’Autore che, dopo aver letto la mia Opinione e le peprlessità sui passaggi in sardo, è stato così gentile da fornire la “traduzione”.
Scrive Paolo Pinna Parpaglia:
– bellixe’ (che si legge belliscè, ma con il -sc un po’ ruvido) è l’abbreviazione di bellixeddu e testualmente significa “bellino”, ma si usa come modo per apostrofare qualcuno che si considera un frivolo o al quale non so dà molta importanza. E’ un po’ come dire: “ragazzino!”
– Fogu dhu bruxiri (anche qui il bruxiri si legge brusciri), significa “il fuoco lo bruci” e quindi “che vada all’inferno”.
Ringrazio Paolo anche per l’apprezzamento per quanto scritto in merito, confermando che lo spessore dell’Autore lo si vede quando deve rapportarsi ad un’evenuale critica.
Mi hanno scritto alcuni autori in questi anni, anche stranieri, e sono sempre stati scambi piacevoli, con l’esclusione di un italiano alla prima pubblicazione che mancava totalmente dell’umiltà per accettare delle critiche che, come da mia abitudine, erano argomentate nei dettagli.