Un articolo di Roberto La Pira
La notizia che l’Autorità europea per la sicurezza alimentare ha esaminato 523 di diciture utilizzate sulle etichette e ha bocciato 180 richieste relative ai vasetti di yogurt con probiotici e altre 170 relative a integratori e altri alimenti arricchiti in Italia è stata ignorata.
(Nota di Pao: Ma non su questo Blog 🙂 Vedi: https://paoblog.wordpress.com/2009/10/13/ma-quanto-sono-ingannevoli-le-etichette-dei-prodotti/ )
All’estero invece tutti i giornali e i siti internet ne hanno parlato (BBC, Times, The independent…).
A dispetto di quanto fatto dai giornali le aziende italiane hanno seguito con attenzione la vicenda, e sono preoccupate perché rischiano di dover modificare le diciture e di sconvolgere i piani di marketing.
E’ lecito chiedersi come mai così tante imprese hanno sbagliato a formulare i claims, hanno inviato dossier incompleti o hanno inventato benefit salutistici senza supporti scientifici. L’Aiipa (Associazione italiana industrie prodotti alimentari) per rispondere a queste domande ha redatto un libro bianco, mentre altre associazioni come Federalimentare si interrogano.
Si dice che il modo di esaminare il problema da parte dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare è stato troppo farmacologico, che le valutazioni di carattere nutrizionale sui benefit di un ingrediente o di un gruppo di batteri (come ad esempio i probiotici) sono molto complesse per via della matrice alimentare, e che ci sono diversi gradi di evidenza nella ricerca scientifica.
Queste sono le parole usate nel libro bianco
“E’ quindi importante capire che nella ricerca scientifica vi sono diversi “gradi di evidenza” e conseguentemente i risultati che si possono raccogliere nelle diverse fasi di questo percorso non sono da ritenersi infondati o falsi bensì “intermedi”, e rappresentano essi stessi uno stimolo al prosieguo della ricerca e all’investimento nell’innovazione. Proprio per le complessità sopra evidenziate, un claim che non risponda totalmente agli elevati standard richiesti da EFSA non deve essere interpretato come un’assenza totale di evidenze e quindi come ingannevolezza del claim oggetto della richiesta di valutazione, ma si tratta piuttosto di un claim con grado di evidenza “intermedio”
Aiipa sostiene che la maggior parte delle aziende non racconta bugie quando promette benefici per la salute e per la dieta, anche se non ci sono “evidence based”. La partita non è finita perché nei prossimi mesi altre verranno esaminate altre 1500 diciture e molte imprese sono pronte al peggio.
Premesso che le censure dell’Efsa non possono essere ignorate, forse conviene fare qualche riflessione.
1) Di fronte all’invasione di nuovi prodotti alimentari simili a medicinali e che vengono indicati come come coadiuvanti per contenere il peso, la pressione, il colesterolo … gli scienziati dell’Efsa per valutare la veridicità di queste asserzioni hanno usato un approccio medicalizzato e farmacologico. L’approccio farmacologico ha una sua validità anche perchè spesso i claims diventano slogan pubblicitari ripetuti centinaia di volte per settimane negli spot televisivi.
2) Le censure evidenziano senza ombra di dubbio che una parte consistente dei claims non sono supportati da studi scientifici. Forse è arrivato il momento di abbassare i toni, e di non illudere i consumatori proponendo loro alimenti che : migliorano la vista, ritardano il senso di fatica, stimolano l’attenzione, favoriscono la mineralizzazione delle ossa, rinvigoriscono il corpo, migliorano il tono muscolare, mantengono il buono umore, migliorano l’attenzione, facilitano le funzioni cardiache o favoriscono il benessere di capelli, denti e unghie ….
3) C’è un altro elemento di riflessione da non dimenticare. Le autorità italiane che si occupano di pubblicità (Istituto autodisciplina pubblicitaria e Antitrust), quelle americane e quelle inglesi in questi anni, e anche recentemente, hanno censurato decine di messaggi pubblicitari di prodotti alimentari che evidenziavano benefici inesistenti, proprio come ha fatto l’autorità di Parma.
Sono tutti d’accordo? oppure le evidenze scientifiche delle autorità sanitarie italiane, americane inglesi e di Parma sono identiche e quindi le conclusioni non possono che essere le stesse?
Fonte: http://robertolapira.nova100.ilsole24ore.com/
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