In questi giorni ho letto spesso della proposta di togliere da pasta, riso, caffè, tè e formaggi duri la dicitura “da consumare preferibilmente entro”, avanzato all’Unione europea le delegazioni di Olanda e Svezia con il sostegno dell’Austria, Germania, Danimarca e Lussemburgo.
C’è anche da dire che lo spreco alimentare c’è ed è un problema, ma spesso molti scrivono senza approfondire il problema e si da il via con la solita Disinformazione.
A me francamente sembra il modo migliore per peggiorare la qualità dei prodotti che troveremo sugli scaffali, senza peraltro avere nessuna garanzia di riduzione dello spreco. Ed infatti, si sarà capito, non sono d’accordo con la proposta.
E’ un pò come se, non potendo multare tutti quelli che vanno oltre i 130 kmh, si alzassero i limiti di velocità.
Questa soluzione mi ricorda quella di alzare il limite di arsenico nell’acqua, come se così facendo si azzerasse il pericolo.
I punti di vista sono differenti ed opposti, per cui li riassumo e che poi ognuno approfondisca cliccando sui link e si faccia un’opinione, anche se a ben vedere si dà grande spazio (Vedi Copia & Incolla) al punto di vista di Coldiretti e via andare.
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Per la Coldiretti (l’associazione di imprenditori agricoli) dietro la bandiera della riduzione dello spreco alimentare, c’è invece un vero e proprio attacco ai prodotti made in Italy.
“Non a caso la proposta è arrivata da quei paesi che non sono affatto interessati alla qualità – ci spiega Rolando Manfredini, responsabile qualità Coldiretti – Che anzi vogliono un appiattimento del gusto, della fragranza e della freschezza, caratteristiche su cui noi italiani puntiamo”.
A favore dell’ampliamento della lista dei prodotti senza indicazioni temporali (come aceto, zucchero e sale) sono le associazioni ambientaliste come Greenpeace.
Secondo Altroconsumo eliminare l’indicazione “da consumarsi preferibilmente entro” non garantirebbe una soluzione al problema.
Per cercare di ovviare al problema, si dovrebbe cercare di educare i consumatori a distinguere in primis le differenze tra gli alimenti “da consumare entro” e quelli che suggeriscono l’indicazione “preferibilmente”.
Inoltre, il problema dello spreco alimentare dovrebbe interessare e riguardare tutta la filiera di produzione, non solo l’ultimo anello della catena.
Fonti: Il Salvagente – Rinnovabili – Altroconsumo – Articoli correlati per approfondire li trovi QUI
Questa la precisazione de Il Fatto Alimentare:
Contrariamente a quanto ha riportato la maggior parte dei giornali e dei siti, non si sta parlando della “scadenza”, ma del Termine Minimo di Conservazione (TMC). La differenza è importante perché la modifica riguarderebbe il periodo stabilito da ogni azienda trascorso il quale l’alimento, anche se ancora commestibile, comincia un lento e progressivo decadimento nutrizionale e organolettico.
Questa indicazione varia in funzione della qualità delle materie prime, del tipo di alimento, del trattamento industriale e del sistema di confezionamento. I consumatori però tendono a cestinare i prodotti che hanno superato la data indicata sulla confezione e questo determina uno spreco che si vorrebbe evitare.
Consiglio la lettura di – 100 chili di Roberto Cavallo (disponibile anche in dvd): Imparare a gestire il frigorifero di casa, riscoprire l’arte di utilizzare gli avanzi di cucina: sono i consigli dell’esperto Roberto Cavallo, autore di “Meno 100 chili – Ricette per la dieta della nostra pattumiera“, per ridurre gli sprechi di cibo, e quindi anche i rifiuti umidi che sono dal punto di vista dell’impatto ambientale la componente più difficile da smaltire dei rifiuti domestici.
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