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Un libro: Farmageddon. Il vero prezzo della carne economica

Per quel che ci riguarda, in famiglia siamo carnivori, ma facciamo il possibile per evitare la carne industriale, privilegiando allevamenti attenti al benessere animale.

Screenshot 2015-02-25 12.12.10(Allevamento di mucche da latte – California)

Certo, la carne costa di più, per cui ne mangiamo di meno, facile da risolvere. In ogni caso visto che siamo quello che mangiamo, è altresì vero che preferisco un allevamento che non utilizza antibiotici, tanto più se inutilmente.

Ed infatti poi ti capita di leggere certi articoli: Stop agli antibiotici per promuovere la crescita degli animali anche in Usa?

Antibiotici per promuovere la crescita? Follia pura!

Ritengo di essere sempre stato attento all’origine degli alimenti che consumo e di conseguenza alla sostenibilità di agricoltura ed allevamenti, tuttavia dopo aver visto qualche anno fa un documentario che mostrava gli allevamenti Usa, ho capito ancor meglio, se mai ce ne fosse stato bisogno, che la strada giusta è la mia, non la loro…

Clicca qui per vedere il video sui mega allevamenti di mucche da latte della California; vedrai grandi lagune di fango, acqua potabile inquinata e animali spinti ai loro limiti fisiologici. Immagini che provano senza ogni ombra di dubbio che l’allevamento intensivo è assolutamente il modo sbagliato per produrre cibo.

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Fonte: Ciwf

L’allevamento intensivo, oltre ad essere la prima causa di crudeltà sugli animali, ha impatti devastanti su salute pubblica e ambiente, e non risolve la crisi alimentare globale ma, al contrario, contribuisce ad aggravarla.

Anche l’Italia ha il suo Farmageddon: circa 800 milioni di animali vengono allevati ogni anno per produrre cibo, a loro sono destinati il 71% degli antibiotici venduti nel nostro Paese, e solo gli allevamenti di suini, ogni giorno, producono 52mila tonnellate di letame, potenzialmente nocivo per l’ambiente.

Il mondo sta fronteggiando una nuova ulteriore ed estrema intensificazione dell’allevamento che minaccia la natura, la salute e il nostro cibo.

Farmageddon scritto da Philip Lymbery, Direttore di CIWF (Compassion in World Farming) International – insieme a Isabel Oakeshott, giornalista del Sunday Times, è il frutto di un viaggio-inchiesta di tre anni in diversi paesi tra cui Cina, Perù, Argentina, Stati Uniti e Francia, per indagare gli impatti degli allevamenti intensivi.

Il libro svela così i segreti nascosti dietro la carne che viene venduta a buon mercato e propone soluzioni per evitare l’apocalissi (Armageddon) derivante dall’agricoltura (farm) intensiva: il diffondersi incontrollato delle malattie, una velocissima perdita di biodiversità e una crisi alimentare che minaccerebbe seriamente la vita di miliardi di persone.

Gli animali da allevamento, loro malgrado, sono diventati nostri concorrenti alimentari: cereali e soia che potrebbero nutrire miliardi di persone vengono utilizzati come mangime animale. Tonnellate di pesce di piccola taglia vengono destinati allo stesso scopo, sotto forma di farina di pesce.

L’uso di antibiotici è massiccio – senza di essi gli animali, costretti negli allevamenti al limite delle loro capacità fisiologiche, morirebbero.

Ma questo porta allo sviluppo di batteri antibiotico resistenti che minacciano gravemente la salute umana così come già denunciato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità.

Anche l’ambiente paga un caro prezzo con l’inquinamento delle acque, dell’aria e del suolo, causato dallo smaltimento del letame di milioni e milioni di animali.

A cui si aggiungono la deforestazione crescente e l’abuso di pesticidi connessi alla monocoltura della soia, spesso OGM,  utilizzata come mangime per gli animali da allevamento.

Il libro viene pubblicato ora in Italia, dove, per quanto la situazione venga dipinta migliore rispetto all’estero, il modello zootecnico intensivo descritto nel libro domina indiscusso.

Alcuni dati sulla situazione italiana:

In questo momento 60 milioni di italiani condividono il loro territorio con  136 milioni di polli, 8.7 milioni di suini, 6.1 milioni di bovini, 73.5 milioni di conigli e 25.2 milioni di tacchini.

Il 79% delle emissioni di ammoniaca prodotte in Italia proviene dall’allevamento.

Il 72% delle emissioni di gas serra generati dall’agricoltura sono prodotti dall’allevamento.  A queste vanno aggiunti i gas serra prodotti dall’agricoltura finalizzata alla produzione di mangime.

Secondo stime di CIWF le emissioni imputabili all’allevamento, considerando anche quelle dell’agricoltura finalizzata alla produzione di mangimi, possono raggiungere l’80%.

Dichiara Philip Lymbery:  “Con Farmageddon ho tolto il velo ad un sistema che fa sì che le persone finiscano per nutrire i loro figli con cibo malsano, che depaupera la natura della vita selvatica e  spreca grandi quantità di cibo. Ma cambiare è ancora possibile e tutti possiamo essere parte della soluzione.

I governi, ad esempio, possono decidere di supportare una produzione che riporti gli animali nelle fattorie invece che rinchiuderli negli allevamenti intensivi. Consentire ai ruminanti come le vacche di pascolare farebbe sì che il cibo derivasse da qualcosa di non commestibile per le persone.

Invece, nutrire le vacche con grano e soia come si fa ora è uno spreco di cibo. I consumatori rivestono un ruolo fondamentale: essi possono fare la differenza per ben tre volte al giorno, ad ogni pasto, tramite l’acquisto di prodotti derivati da animali cresciuti sui pascoli, all’aperto.”

Annamaria Pisapia, direttrice dell’associazione no profit CIWF Italia commenta: “Farmageddon rivelerà al pubblico italiano, ancora troppo all’oscuro dei costi nascosti dell’attuale sistema alimentare una realtà sconosciuta e inquietante, in cui i destini di uomo, animali e natura appaiono quali veramente sono: indissolubilmente intrecciati.

Quello che di primo acchito potrebbe sembrare “soltanto” un sistema che maltratta gli animali si rivela un mostro i cui tentacoli stringono in un abbraccio mortale anche le persone e la natura.

Questo libro è per tutti coloro che vogliono informarsi sulla vera origine e le reali conseguenze di quello che mangiamo, e contribuire ad un futuro migliore e più giusto per tutti.

Anche l’Italia deve dare un giro di volta, prima che sia troppo tardi, e noi italiani possiamo e dobbiamo fare la nostra parte”.

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