Sabato scorso abbiamo deciso di fare una gita ad uno dei Borghi più belli d’italia, ragion per cui dalle proposte indicate in zona, abbiamo scelto Lovere (BG) che peraltro avevamo già visitato alcuni anni fa e della quale avevano parlato poco tempo fa al Tg regionale, facendoci accendere la classica lampadina…
Come sempre capita quando giriamo alla ricerca di bei posti da visitare, cerchiamo anche un locale dove trovare la qualità enogastronomica tipica del territorio, dove ancora ci si basa su territorialità e stagionalità ed ecco che anche a Lovere abbiamo trovato il nostro locale di riferimento, il Fi che Foi (espressione bergamasca che, come spiegano sul sito del locale, sta per qualcosa che – intraducibile – si aggira attorno a “alla fin fine”…).
A questo punto, di Lovere ne parlo dopo, e preferisco dare il giusto spazio al Fi che Foi dove, peraltro, ci siamo recati quasi per istinto.
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Premessa: Non ho nessun interesse ad esaltare o stroncare un locale ovvero io racconto quello che ho vissuto in prima persona. Lascio ai professionisti l’onere di scrivere delle recensioni, infatti questa è un’Opinione personale su un locale nel suo insieme e, ovviamente, sulla cucina; va da sè che come tutte le opinioni è soggettiva, ragion per cui quello che piace a me potrebbe non piacere ad altri e viceversa.
Il post ha una data di pubblicazione e racconta di una visita avvenuta in un giorno preciso; se possibile, aggiorno le mie Opinioni, nel caso vi siano state variazioni sostanziali, tuttavia va da sè che nel corso del tempo possono esserci stati cambiamenti, in meglio o in peggio dei quali non sono informato. Nel caso di un cambio di gestione, si prega di comunicarlo nei commenti in modo tale da evidenziare la cosa nel post.
Diversamente da altri Bloggers non mi faccio pagare per delle opinioni positive e meno che mai annuncio il mio arrivo.
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Transitando davanti al locale, durante la visita del borgo, la Signora K si è fermata a guardare le proposte gastronomiche che le sembravano in linea con le nostre e che le ricordavano l’Enoteca Demetz & Ploner che abbiamo frequentato assiduamente durante le recenti vacanze ad Ortisei (BZ).
Proseguendo nella passeggiata le è poi venuto in mente quale fosse il locale dove avevamo pranzato anni fa, ma una volta giunti in prossimità, ho preferito ritornare sui miei passi, in quanto il ristorante si affacciava sulla rumorosa e trafficata via principale ed io preferisco mangiare in tranquillità.
Non pretendo un silenzio assoluto, come l’amico Francesco o come il Commissario Montalbano 😉 , tuttavia mi fa piacere poter (eventualmente) conversare con la Signora K con un tono di voce basso, senza essere assordato da autombili, clacson o intemperanze varie, incluse quelle di certi bambini decisamente maleducati.
Tornati al Fi che Foi, siamo entrati e ci ha accolti Alex (Volpi) un giovanotto alto e magro, che nella sua presentazione afferma che “Spesso passo intere giornate senza dire una parola”, eppure ha trovato con scioltezza le parole per guidarci alla scelta del miglior vino in abbinamento ai piatti scelti e per spiegarci al meglio le provenienze e le peculiarità dei salumi che aveva portato in tavola.
Accanto all’ingresso, a sinistra c’è un tavolo per 2/4 persone, e sulla destra due poltrone con un tavolino; all’interno una prima sala grande, ma con pochi tavoli, il che la rende ariosa ed un’altra sala più piccola, dominata da una luce molto calda. Il bagno, posticino sul quale talvolta scivolano anche i migliori, è grande, luminoso, accogliente e pulito. 🙂
Dovendo scegliere dove accomodarci, vista la bella giornata, ho prefito il tavolo all’esterno, anche se in realtà è come incassato in una nicchia, per cui protetto sui lati.
La Signora K avrebbe gradito anche la piccola sala interna, ma per quel che mi riguarda, fedele a quanto scritto sopra, trovavo che la musica fosse ad un livello troppo alto per i miei gusti; opinione personale, ovviamente, di certo non era a volumi urlati come accade in certi locali (ed anche negozi) milanesi, tuttavia preferisco musiche a livello appena udibile.
Segue un dettaglio della prima sala (foto tratta dal loro sito), con il grosso tavolo “di servizio” che domina su tutto, in un legno che restituisce un sentore di vissuto, e che sembra pronto a raccontare tante storie, di amicizia, di cucina, di buoni bicchieri di vino…
Divagherò spesso in questo resoconto, perchè come ben sa chi mi conosce, seppur virtualmente, resto sempre affascinato quando incontro persone con le quali nasce una certa sintonia o, perlomeno, io la percepisco.
Dopo aver ordinato, un Prosecco di Valdobbiadene per la Signora K ed un Nebbiolo per me, siamo rimasti in attesa dei piatti ed intanto è arrivato un turista solitario, credo un inglese, che ha ordinato un calice di vino e del parmigiano reggiano (del quale ne parleremo dopo).
Si è accomodato sulle poltrone a lato ed in questo caso ho percepito un animo sensibile, in linea con il locale e tutto sommato con me. Mi spiego meglio…
Quando gli hanno portato quanto ordinato, guardava il parmigiano e sorrideva lieve, come se pregustasse l’emozione che si ha quando si degusta un prodotto di qualità, cosa peraltro confermata secondo me dalla lentezza che ha posto nel consumare il tutto, assaporando ogni scheggia, gustando ogni sorso.
Naturalmente può essere stata solo una mia impressione, ma mentre raccontavo alla Signora K il mio sentire, lei concordava e si sa che concorda solo a ragion veduta.
Le ho quindi spiegato il mio punto di vista ovvero che quando mangio un cibo o gusto un vino come una birra, che ritengo di qualità, magari artigianale o prodotto seguendo disciplinari molto rigidi, dati dalla propria professionalità prima ancora che da norme esterne, mi emoziono al pensiero di essere l’ultimo anello di una produzione fatta con passione, innanzitutto, in quanto oggigiorno produrre alimenti che di fatto sono di nicchia, privilegiando la qualità alla massificazione dei profitti, per forza di cose denota grande passione.
Trovo che sia un punto a loro vantaggio il fatto che ad una cucina con una forte connotazione territoriale sia abbinata la presentazione anche di eccellenze che arrivano da altre regioni, che sia il San Daniele come l’olio siciliano.
Torniamo al pranzo. Alex ci ha presentato un olio extravergine, provenienza Sicilia, del qual ci ha versato una piccola quantità sui piattini presenti in tavola, invitandoci all’assaggio. Effettivamente, era molto buono.
Successivamente ci ha portato il piatto di salumi, che abbiamo diviso, composto da bresaola e pancetta, entrambe ottime, di un prosciutto di San Daniele a dir poco selezionato, in quanto prodotto dall’azienda più piccola del consorzio che lavora in 12 mesi quelli che gli altri fanno in 1 solo mese. Da provare.
Infine il salame, anche questo preso da un produttore selezionato ed ogni qual volta si trova un salame all’altezza, a noi si allarga il cuore.
Esageriamo? Forse, ma la piattezza dei gusti omologati della maggior parte dei salumi industriali, non ci soddisfa ed infatti li evitiamo, sino a che non incontriamo un Gran Costa così come quel salame comprato qualche mese fa da Eataly, di un produttore piemontese, nell’astigiano e del quale ora mi scappa il nome… 😦
La portata successiva è stata servita ed introdotta da Andrea (Boni) con egual competenza e maggior parlantina, che peraltro trasudava quella passione di cui parlavo; ed ecco arrivare la selezione di carne cruda Chianti per la Signora K, che l’ha definita ottima ed una terrina con quadretti di polenta e formaggio Bagoss fuso per me. Un piatto rustico, semplice, ma appagante, grazie sempre alla qualità degli ingredienti.
(Nota a margine: Sul menù era presente anche una verticale di Parmigiano Reggiano che arriva sino ad un 120 mesi e che mi ha fatto vacillare dal proposito di ordinare la Terrina di polenta e Bagoss fuso.
So però che ritorneremo al Fi che foi ed allora la verticale di Parmigiano sarà mia 🙂 ho intuito velocemente che quello era il posto per me, ed infatti rientrando verso casa, cambiando l’itinerario, abbiamo constatato che i tempi si accorciano notevolmente arrivando da Bergamo invece che dalla strada lungolago, che offre un bel panorama, ma lo paghi con una strada stretta e con i ciclisti che non vanno in fila e tutto si complica.)
L’entusiasmo e la passione nelle parole di Andrea, con la spiegazione dei piatti nel dettaglio, e che includeva la sua filosofia, mi ha fatto percepire che eravamo sulla stessa lunghezza d’onda, ed è sempre un piacere incontrare persone che parlano la tua stessa lingua.
In chiusura, per ragioni legate alla bilancia ed al controllo della glicemia 😦 , avrei dovuto evitare il dolce, tuttavia ho un comportamento molto attento durante la settimana proprio per permettermi uno strappo quando siamo in giro, ma solo se ne vale la pena.
Ho quindi chiesto ad Andrea quali fossero le specialità della casa e mi ha elencato quattro dessert, due dei quali mi hanno solleticato oltremisura; la decisione è figlia della mia solita razionalità ovvero visto che tutte le altre pietanze offerte dalla casa erano, per me, eccellenti, va da sè che anche il “loro” dessert lo sarebbe stato. Ed in effetti…. 🙂
In chiusura abbiamo preso due caffè e ci ha divertito la precisazione fatta da Andrea: però noi lo facciamo con la moka…
Come se quel però fosse quasi da considerarsi come una pecca. 🙂
E meno male che arriva un caffè fatto con la moka, così come ci è successo a Nus (AO), al Maison Rossett.
Ed in effetti dopo un pò è arrivato con la moka che ha appoggiato sul tavolo insieme ad un servitevi pure.
Il pranzo dal punto di vista economico mi sembra sia costato il giusto, sempre facendo riferimento alla qualità dei cibi e, in ogni caso, allineato a prezzi che si trovano altrove, mangiando meno bene se non peggio.
Il conto nel dettaglio: Coperto (2x 3 €) + Selezione salumi (€ 12) + Chianti crudo (€ 13) + Terrina polenta e Bagoss (€ 10) + Dolce (€ 6) + calici di vino (2 x € 5) + caffè (2 x € 1,5) = € 60
In questo caso però c’è un valore aggiunto, che è compreso nel prezzo, ed quel senso di familiarità che arriva spontaneo, che porta anche uno tutto sommato chiuso, se non timido come me a dare ad Andrea il biglietto da visita del Blog, dicendogli mi sento in linea con la vostra filosofia e mi farebbe piacere se veniste a trovarmi.
Il pranzo si è chiuso con una chicca che sarà capita al meglio da chi segue il Blog su Facebook, dove quasi ogni giorno cambio la testata con una foto corredata da un’aforisma che trovo stimolante.
Andrea ha infatti appoggiato sul tavolo il biglietto che segue, dicendo che ogni giorno gli fa piacere lasciare un pensiero per i clienti… se non è questa una conferma della sintonia.
Si è capito che è un locale che consiglio, ma come detto a suo tempo circa l’Osteria del Vecchio Fossato a Sirmione (BS): “Deve essere chiara una cosa. Se vuoi mangiare una pizza oppure un piatto di “spachetti” (l’errore è voluto) 😉 allora hai sbagliato posto. Di locali di questo tipo è pieno il mondo. Qui vieni per apprezzare la qualità dei cibi…”
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Alla fine tocca anche a Lovere che abbiamo trovato sicuramente migliorata all’aspetto rispetto alla visita precedente, e se rientra nei Borghi più belli, sicuramente c’è un perchè, tuttavia riteniamo che ci siano ancora cose da fare.
Sicuramente bello il fronte lago, la passeggiata, impreziosita da queste panchine, belle a vedersi ed anche più comode del previsto…
Qualche criticità di troppo l’abbiamo notata ad esempio nella pulizia dei giardinetti, in prossimità della fontana, dove ad un forte odore di urina nella zona d’angolo con due panchine si abbinavano nelle aiuole un tot di carte, rifiuti di plastica ed i soliti pacchetti di sigarette, a testimonianza che troppi fumatori sono degli incivili (e mi perdonino gli Amici che so essere ben più attenti. Non siamo tutti uguali e, purtroppo, si vede.)
Quando arriviamo in una località turistica cerchiamo sempre un bagno pubblico, ma non lo abbiamo trovato. Se, come sembra, non è presente è un punto a demerito.
I monumenti storici e/o luoghi di interesse sono ben segnalati, ma appena abbandoni il percorso abituale, addentrandoti nelle vie interne, c’è poca cura; che siano le solite scritte (se non scarabocchi) sui muri oppure il tombino completamente tappato (e speriamo non arrivi una bomba d’acqua), vi sono delle trascuratezze di troppo.
Non voglio essere troppo critico, ma ricordo altre località inserite ne i Borghi più belli, dove effettivamente si percepiva la massima attenzione nella cura dei luoghi.
Nessuna bocciatura per Lovere, ma si può migliorare.
I commenti sono chiusi.
bello… Fortissimo.
Io dico anche che 12 euro, a maggior ragione scontati a 10, non sono eccessivi per un simile aperitivo, ma normali.
Normali soprattutto per la immaginabile qualità delle materie prime e per la particolarità del posto.
Buongiorno Paolo,
come le avevo anticipato alla prima occasione sono passato al Fi che Foi, e ieri sera essendo a Lovere per una pizza tra colleghi in piazza, ho approfittato di una mezzora libera per curiosare.
La prima impressione è stata di trovare il locale chiuso, tutto spento.
E mi sono detto “ma come? di giovedì? impossibile!” allora mi sono avvicinato alla porta per leggere orari di apertura ed eventuali messaggi che indicassero chiusure straordinarie.
Mi sono trovato dinnanzi ad un cartello che indicava “serata dedicata al risparmio energetico, questa sera per ricordarci dell’importanza dell’energia non verranno utilizzate piastre elettriche per cucinare e illuminazione elettrica, ma solo candele”.
Allora sono entrato e sono stato subito accolto da Andrea e da una ragazza, della quale purtroppo non ho chiesto il nome (la prossima volta mi devo presentare anche con lei se non altro per educazione).
Da cosa l’ho riconosciuto? Dalla sua semplice descrizione 🙂
Mi sono permesso di presentarmi come inviato da Paoblog!
Che dire del personaggio? Molto particolare, ma che denota passione per quello che fa.
Il posto, a lume di candela in una fredda serata dicembrina mi ha accolto con un calore e una tranquillità che mi ha fatto dimenticare le pressioni della giornata lavorativa in un minuto.
Per motivi di tempo ho doluto fare un aperitivo con un bicchiere di vino rosso con assaggio di crudo 18 mesi e parmigiano reggiano 24 mesi. Il vino un Tigiolo della cantina Begali Lorenzo, una delle poche che ho avuto il piacere di visitare di persona in Valpolicella e che ho ritrovato volentieri.
Il conto? 12 euro, sicuramente eccessivo per chi non riesce a vivere il posto e ad apprezzare la filosofia del buon cibo, ma per le emozioni che mi ha saputo trasmettere l’ho ritenuto tutto sommato equo. Non aveva resto e mi ha scontato 2 euro.
Ci siamo lasciati con la promessa che glieli lascerò la prossima volta.
La ringrazio per la segnalazione, utilissima!