Qualche anno fa avevo scritto a Il Fatto Alimentare chiedendo il loro parere sul trattamento degli agrumi con vari additivi, come spiegavo nel post All’Esselunga le clementine trattate con 3 additivi, ma non solo… ed avevano pubblicato la risposta di Corrado Vigo autore del blog Vigopensiero.
In chiusura Vigo affermava, a proposito dei fitofarmaci (che non sono gli additivi):
Mi preoccuperei più per la frutta estiva che si mangia con la buccia. Nel caso degli agrumi, c’è tutto il tempo necessario affinché i fitofarmaci irrorati siano degradati dal sole (alcuni sono fotolabili), dalla temperatura, dalla pioggia, e non ultimo dalle piante stesse che ne elaborano le sostanze e le smaltiscono con gli essudati radicali.
Un paio di giorni fa ho letto, sempre su Il Fatto Alimentare, questo articolo nel quale vengono poste alcune domande a Roberto Pinton, segretario di AssoBio, l’associazione delle imprese di trasformazione e distribuzione dei prodotti biologici.
L’articolo è interessante e ne consiglio la lettura integrale, tuttavia ci tengo ad evidenziare alcuni passaggi che sembrano confermare i miei dubbi iniziali:
Per i consumatori, l’utilizzo di trattamenti post raccolta presenta solo aspetti negativi dal punto di vista della qualità alimentare.
Oltre alla buccia utilizzata per fare il limoncello, la marmellata o la torta a casa (per i quali è bene utilizzare quella di agrumi non trattati), consumiamo senza saperlo anche la buccia delle arance quando beviamo una spremuta* al bar.
(* La pressione agisce anche sulla buccia e si rischia di assumere sostanze autorizzate ma solo in virtù del fatto che non vengono consumate, essendo presenti solo sulla buccia).
Io voglio provare a fare per la prima volta la pastiera napoletana e servirebbe la buccia di arancia e limone non trattati, per il limone no problem, l’arancia non ce l’ho e preferisco non metterla che rischiare